lunedì 23 settembre 2013

VOLLMOND - Rituals Of Conquest


Informazioni
Gruppo: Vollmond
Titolo: Rituals Of Conquest
Anno: 2013
Provenienza: Italia
Etichetta: Le Crépuscule Du Soir Productions
Contatti: myspace.com/vollmondband
Autore: Akh.

Tracklist
1. Dawn Of The Limitless Fire
2. Mournful Ascension
3. Engravings
4. Silent Domination Of The Beyond
5. Outer Darkness
6. Rituals Of Conquest
7. Death Manifestation

DURATA: 48.53

Giungono al secondo lavoro sulla lunga distanza i Vollmond, band lombarda che si è accasata presso Le Crépuscule Du Soir Productions per far uscire questo "Rituals Of Conquest" (e da poco è annunciata pure la versione cassetta limitata a trecentotrentatrè copie), album dalle sfumature Cosmic Black Metal, sia nell’approccio visivo che artistico.

Dopo una breve intro in cui "Carmina Burana" e suoni distanti si miscelano per aprirci le porta alla dimensione dei mantovani, ci troviamo di fronte alle peregrinazioni astrali di “Dawn Of The Limitless Fire” in cui il Burzum (influenza assai importante assieme a quella dei Borknagar per questi ragazzi, che ritroveremo in maniera costante in certi giri) di "Dunkelheit" viene filtrato attraverso il corpuscolo impalpabile che regna oltre l'atmosfera terrestre, dando un forte impulso interiore. Il brano si sviluppa suadente, molto suggestive le ampie tastiere e lo scream filtrato di Pest che amplifica indiscutibilmente le sfumature costruite; il riff di chiusura infine mi riporta alla mente il Black Metal fortemente Blues dei Glorior Belli.

Sicuramente i Vollmond fanno dell’intimità la loro arma principale, alla quale asservire le proprie abilità: tutto gira e viene creato per indurre l'ascoltatore in questa fase di trasporto, come si nota pure nella successiva "Mournful Ascension", con il suo alternarsi ritmico che risulta come un unico flusso su cui le variazioni quasi hanno poco conto rispetto alla sensazione che viene generata. I validi camei di chitarra solista e gli arrangiamenti di tastiera (realizzati dal buon Peter, già all'opera con gli ottimi Blaze Of Sorrow) e batteria servono esclusivamente a esaltare la capacità del gruppo di evadere certi concetti fenomenici e trascendere lo spazio. Per certi aspetti potrei accostarlo alle microschegge degli Eclectika di "Lure Of Epheral Beauty" oppure alle migliori tastiere di Triste L'Hiver o a un certo incedere spaziale dei Progenie Terrestre Pura, il tutto con un approccio B.M. molto più incisivo rispetto ai transalpini e con un maggiore dinamismo rispetto al canadese, ma senza gli accenti progressivi dei P.T.P.

A tratti nella composizione affiora una sensazione di déjà vu che forse è l'unica pecca che trovo, in quanto tutto gira molto bene. Il fatto poi che la mia mente scovi forti similitudini con riff leggendari del panorama B.M. non rende giustizia al lavoro d'insieme dei Vollmond, anche perché le dilatazioni sonore che sanno ricreare permangono affascinanti e avvolgono nei loro momenti d'apice. Lo spaccato strumentale "Silent Domination Of The Beyond" è sintomatico di ciò, come lo sono tutte quelle soluzioni che si manifestano nel cuore pulsante dei vari brani e che indicano come questa formazione possa in realtà trovare linfa vitale in se stessa date le proprie peculiarità e potenzialità; si veda ad esempio la traccia che dà il titolo all'album.

Bisogna inoltre ammettere che la proposta è resa ottimale pure dalla produzione a cura di Magnus Devo Andersson (Marduk) e dal validissimo missaggio di Peter, a mio avviso entrambi hanno saputo trovare un bilanciamento davvero encomiabile, in maniera che tutto possa suonare come fosse un corpo unico senza rendere uno strumento invasivo rispetto alla visione di insieme. Questo ottimo tocco personalizzante fa chiaramente intuire cosa siano Vollmond e il suo Kosmos.

Se mai vi foste chiesti come avrebbero suonato i primi Dark Funeral in un tempo medio, la risposta la potreste ritrovare nella svedeseggiante "Outer Darkness" in cui l'oscurità si candida a paladina per le evoluzioni introspettive della band, riuscendo a essere crudele e affascinante, incisiva e sognante, grazie al break arpeggiato e al suo finale riflessivo. La chiusura invece viene dedicata a un frangente che arriva al limite della Dark Ambient, con chitarre effettate e sintetizzatori che vanno a tessere un lugubre trattato di morte (non a caso il titolo "Death Manifestation"), dove echi e sonorità nere avvolgono in maniera asfissiante, come se si cercasse di comprendere lo stato di ipotermia affrontato da un viaggiatore nelle lande vuote dell'Universo.

I Vollmond possono ancora crescere, il talento sicuramente è dalla loro parte, le soluzioni scelte pure e in questo "Rituals Of Conquest" si trovano già frangenti coinvolgenti e da gustare pienamente. Se amate fissare l’astro argentato e i suoi mari desolati, se il vostro inconscio va a sondare le vaste dimensioni notturne, se la vostra mente adora vagare per dimensioni lontane alla ricerca delle profondità dell’oscuro infinito, allora i Vollmond sono l'ideale...

I neri giardini della Luna Piena vi attendono, spalancate le visioni.

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