lunedì 28 maggio 2012

CULT OF OCCULT - Cult Of Occult


Informazioni
Gruppo: Cult Of Occult
Titolo: Cult Of Occult
Anno: 2012
Provenienza: Francia
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: myspace.com/cultofoccult
Autore: Mourning

Tracklist
1. Blurry And Muzzy
2. I Hate You
3. Walking In The Desert
4. Perfect Love
5. Cult Of Occult

DURATA: 40:08

Un mercoledì come tanti altri, il classico giorno di metà settimana dove non c'è un cavolo da fare, sei bloccato in casa perché tutto intorno a te è più morto di un mortorio e allora decidi di metter su qualcosa per spezzare la monotonia.
È arrivato fra le mie mani il primo lavoro dei francesi "Cult Of Occult" e via dritto nello stereo.
Avevo contattato la formazione francese su Myspace mesi prima, una volta stampato in formato fisico l'omonimo disco lo ricevo e con mio piacere le sensazioni forti saggiate dall'ascolto sul lettore "ciofeca" di quella piattaforma desolata risultano esponenzialmente più intense e convincenti, cosa avevo provato quella volta? Agonia, sconforto e rabbia, una mole nera che cresceva di attimo in attimo adesso diventata nube densa come il marmo.

Il sound sludge/doom prodotto dal quartetto transalpino è privo di compromessi e inflessioni melodiche dalla facile fruibilità, è al contrario ricco di suoni malati e dronici come quelli che portano a conclusione l'opener "Blurry And Muzzy" o danno il via e condiscono la succulenta "I Hate You".
La filosofia dei musicisti è alquanto semplice, suonano ciò che vogliono, come vogliono, sono spietati e astiosi, una combinazione di Eyehategod, C.O.C, Dopethrone, qualcosa dei Cough per l'aspetto rituale della proposta (tutta roba leggerina eh) con la quale aggiungendo un groove particolare in "Walking In The Desert" vi sembrerà in alcuni frangenti di avere nelle orecchie una creatura di Joshua Homme drogatasi con ingenti dosi di acido corrosivo.
È un trip stoner-addicted massiccio e caustico quello che il pezzo sprigiona con tanto di ritornello urlato capace di piantarsi nel cervello.
Non so quale sia la concezione di amore perfetto dei Cult Of Occult ma fra tasso etilico che si eleva a dismisura e intossicazione da continua esposizione a drogaggi sludge, con "Perfect Love" si è belli carichi e tremolanti, in balia di un'onda sonora che dopo quel breve accenno di animosità ribelle ripiega su scelte atmosferiche buie e alienanti il cui potenziale viene esasperato da ritmiche minimaliste, il rullato in stile marcia pone un tocco di funereo e... quando meno la si attendeva un'escalation di collera la domina schiudendo le porte all'entrata della titletrack che fangosamente e non lasciando alcuna via di scampo segnala il finire dell'album.
I Cult Of Occult segnano punti su punti, è una prestazione significativa quella racchiusa in questo debutto, ci porta a conoscenza di una band dalle idee chiare e dall'attitudine ben definita.
Consiglio vivamente a coloro che amano "bagnare" il proprio udito nelle acque melmose dello sludge/doom nero e malefico l'acquisto del disco in questione, augurandovi che le cento copie prodotte non siano già andate a ruba.

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TEODASIA - Upwards


Informazioni
Gruppo: Teodasia
Titolo: Upwards
Anno: 2012
Provenienza: Italia
Etichetta: Red Pony
Contatti: myspace.com/teodasia
Autore: Mourning

Tracklist
1. Intro – Spection
2. Temptress
3. Revelations
4. Lost Worlds Of Forgiveness
5. Close Call
6. Clarion Call
7. A Powerful Life
8. Hollow Earth
9. Aurora
10. Pandora’s Knight
11. Eulogy
12. My Minotaur

DURATA: 58:34

Il metal e le band female fronted, c'è una parte in costante crescita di "followers" che a dir poco si esalta dinanzi a prestazioni di act quali Epica, Nightwish e Within Temptation, band ormai note ma che in comune hanno sempre meno: chi si appesantisce, chi sceglie di puntare ancor più sulle orchestrazioni e chi invece si diletta con inserti d'elettronica trovando in un modo o nell'altro la propria forma identificativa sempre e comunque.
Si amino o odino, quando si ascolta un brano le si riconosce. In Italia il gioiellino nascosto che regala quell'exploit inaspettato l'abbiamo e probabilmente il nome non sarà poi noto, però le qualità e la resa di un debutto come "Upwards" mi auguro facciano parlare dei Teodasia veramente a lungo.
La formazione veneta attiva dal 2006 aveva prodotto sino al 2010 il solo demo "Crossing The Lights", era giunto il momento di dire la propria facendosi sentire a piena voce e sfruttando quella della brava quanto bella Priscilla Fiazza si ha un punto di partenza mica male.
La ragazza è intensa, comunicativa e soprattutto rispetto a molte sue colleghe, fra le quali anche quelle delle formazioni citate nelle righe più in su, trasmette una carica "rock" che diviene un'arma da taglio efficace e vogliosa d'affondare il colpo.

Durante l'ascolto si percepisce l'affiatamento che fluisce nei pezzi, il batterista Francesco Gozzo, founder nonché maggior compositore del combo, è particolarmente ispirato, le movenze dinamiche pressanti o dilatate del suo drumming partecipano in maniera notevolmente incisiva nella struttura di canzoni mai uguali. Bella a esempio la doppietta in apertura che vede una "Temptress" vivace e accattivante nella quale è già possibile entrare in contatto con una prestazione strumentale che nel complesso si rivela ricca e priva di arzigogolature pretenziose, il lavoro di Michele Munari, il tastierista è certosino e d'accompagnamento, evita lo sfarzo favorendo il viaggiare del pezzo; seguita dalla emotiva e affascinante "Revelations", una delle hit di "Upwards", il cantato di Priscilla è espressivo, malinconico e suadente, è impossibile negare però che sia l'orchestrazione in toto di ogni singolo strumento a risultare praticamente perfetta.
Terzo episodio ed ennesimo centro, chi gira in rete da un po' avrà già incrociato il video di "Lost World Of Forgiveness", pezzo nel quale la cantante si trova a duettare con uno degli elementi storici del metal italiano, il signor Fabio Lione noto per essere il cantante dei Rhapsody e ultimamente apparso anche live negli show degli statunitensi Kamelot, apripista che di sicuro si sarà fatta notare e la qualità non manca.
Questi artisti nostrani dovrebbero però decisamente stare alla larga dalle influenze più "radio-friendly", quando il sound prende una piega sin troppo "amichevole", si vedano episodi come "Close Call" e "Clarion Call" sicuramente dolcissime e più che frubili, affiora un calo di tensione non da poco al cospetto delle restanti tracce che compongono una tracklist solida e che proprio delle atmosfere in primis fa uno dei punti salienti del proprio esistere.
In tal senso si elevano i suoni epici e maestosi di "Hollow Earth" e soprattutto la pregevolissima ballad "Aurora" nella quale ancora una volta la Fiazza con passionalità e un canto da usignolo più che d'atteggiamento "gotico-andante" (e in certi momenti la bella Anneke è venuta a far visita alla mia testolina) dimostra di non essere poi tanto inferiore a nomi noti che dominano la piazza del panorama female fronted.
I Teodasia sono completi e lo palesano anche quando la voce di Priscilla viene messa a riposo a favore di una esecuzione puramente devota all'espressione strumentale come "Eulogy", una colonna sonora che rende ancor più magico il compito svolto da "Upwards", sì perché in alcuni frangenti è magia pura quella che i ragazzi veneti riescono a trasmettere con tanta semplicità e, seppur sia legata a una proposta che in molti potranno identificare derivante da "questo e quello", vi consiglio di non farvi incantare in malo modo dalla prima ed estemporanea impressione e andare oltre, qui di personalità ce n'è e da vendere.
La produzione curata nei Majestic Studio da Marino De Angeli è perfetta, ogni singola ospitata, si vedano le piacevoli intrusioni di archi e chitarra acustica in "Close Call" affidate a Milli Saltarelli e Beniamino Fenzi, quelle vocali del già nominato Lione e del growl di Enrico "Ukka" Longhin (ex di Tanist e Bleed In Vain) in "Pandora's Knight" e "My Minotaur", ha un proprio valore significativo a supporto del pezzo nel quale è stata inserita, il tutto è stato ben orchestrato.
Adesso signori miei lo so che quando si parla d'Italia, certi suoni e donna al microfono parte la ressa per sputare sentenze dato che chi più, chi meno ha ormai sulle scatole gente come i Lacuna Coil, non stiamo parlando per fortuna della pochezza messa in mostra da quell'ormai ex act di musicisti metal, è un'altra storia, è un'altra realtà quella dei Teodasia e come tale va trattata.
Ascoltatela, valutatela, supportatela se credete che lo meritino ma non "colpevolizzateli" a priori. Se c'è una cosa che conta è la musica e le qualità emotive e compositive da essa espresse, sotto quel punto di vista questi ragazzi stanno in un botte di ferro.

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WE ALL FALL - Paradise Paradox


Informazioni
Gruppo: We All Fall
Titolo: Paradise Paradox
Anno: 2011
Provenienza: Spagna
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: facebook.com/pages/WE-ALL-FALL/65869897224 - weallfall.bandcamp.com
Autore: Mourning

Tracklist
1. Paradise
2. Captive Of Fear
3. Murder, Slavery & Incestous Rape
4. Dead Man Walking
5. Fragile
6. System Failure
7. Blackened Tide
8. Paradox
9. Tourette's (bonus track cover Nirvana)

DURATA: 46:14

La Spagna, nazione a noi vicina e per molti versi similare, continua a produrre act dalle buone potenzialità, ne abbiamo recensiti parecchi in questi quattro anni, fra gli ultimi anche i thrasher Aggression con il secondo lavoro "Viocracy" e sempre in ambito thrash è stavolta con un debutto, "Paradise Paradox" dei We All Fall, che ritorniamo a parlare della scena iberica.
È un album ben suonato e prodotto che arriva dopo la produzione di due demo, l'omonimo datato 2006 e "A Tunnel To The Mind del 2008", un disco dotato delle caratteristiche che solitamente attraggono gli appassionati del genere, non vi è infatti presenza di particolari fronzoli, vi è però una cura in ambito compositivo e d'arrangiamento dei pezzi che permette loro di svolgere il proprio "scapocciante" compito in maniera apprezzabilissima.
È evidente che formazioni quali primi 'Tallica (e quali se no?) e Testament siano riferimenti non poi così velati nell'impostazione e nello sviluppo delle canzoni, così com'è tutt'altro che complicato notare il fatto che in più di una circostanza la voce del cantante Vìctor Prieto faccia esplodere l'Hetfield che c'è in lui, è un difetto? Se cantasse come quello sfigato di Matt Heafy probabilmente sì, in questo caso decisamente no.
I We All Fall a dispetto di un monicker che sembrerebbe tirare in ballo il metalcore pestano e segnano il territorio marcandolo con una natura thrash piena e possente, si dilettano con il groove in "Dead Man Walking", corrono dannatamente in "System Failure", se la prendono con comodo sfoderando tutto il loro repertorio nella lunga "Blackened Tide", dimostrando in capitoli come "Murder, Slavery & Incestous Rape" di avere acquisito la capacità di miscelare con sapienza l'appeal melodico in loro possesso con ritmiche stranamente varie, si percepiscono infatti momenti al limite con l'impatto death e altri che sembrano invece pescare da una natura heavy quasi retrò sabbathiana, è intrigante come cosa.
La canzone conclusiva, "Tourette's", cover di un classico dei Nirvana di "In Utero" è l'ennesima conferma che il grunge non abbia distrutto il metal? C'è sempre stata questa tediosa quanto stupida polemica su come il mondo musicale che ruotava intorno alla scena di Seattle avesse rovinato il panorama thrash, soprattutto per chi ricorda album contestatissimi come "The Ritual" dei Testament, uno per non citarli tutti.
Beh, i We All Fall sembrano non avere problemi con quel mondo e ne tirano fuori una versione particolare, metallizzata ed estremizzata ma piacevole, l'ennesimo incrocio di due strade non poi così tanto lontane? Probabile, anche se il pensiero farà di sicuro storcere il naso a tanti.
I madrileni sono pronti per confrontarsi anche con realtà di grosso calibro, la formazione regge bene l'impegno preso per tutta la durata del disco e questo in sede di prima prova è più che confortante, seguendo infatti tali direttive il futuro potrebbe divenire ancor più roseo e intanto non rimane a noi ascoltatori che godere di "Paradise Paradox" alzando ancora una volta il volume del nostro stereo, THRASH ON!

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DOPE FIEND

Informazioni
Autore: Bosj

Carissimo, cominciamo dall'inizio con qualche domanda di rito: chi sei e cosa fai nella vita?

È strano passare dall'essere il bersagliatore all'essere il bersaglio quindi non so bene cosa rispondere a questa domanda ma posso dirti che mi si può considerare come un taciturno ragazzo di ventidue anni con la passione per la musica, i tatuaggi e i libri, una ragazza e degli amici. Nella vita, oltre che tentare di sfoltire il più possibile i contatti con quell'enorme quantitativo di scassaminchie che popola il mondo, sono un geometra che cerca quotidianamente di portarsi a casa la pagnotta. E poi ovviamente tento anche di fare lo scribacchino per Aristocrazia ma questo lo sapete perchè le mie misfatte sono sotto gli occhi di tutti.


Perchè il metal? Se vuoi anche "come lo hai scoperto", ma soprattutto, le motivazioni che ti spingono verso questo genere musicale, quali sono?

La vita è dominata dal caso e fu proprio per caso che scoprii il metal in senso stretto. Certo, nei primi anni del nuovo millennio questa musica era già ampiamente sdoganata ed era impensabile non conoscere, almeno di nome, i gruppi più "mainstream". Il mio primissimo contatto diretto però arrivò ascoltando, sempre per caso, una cassettina che conteneva quel capolavoro di "Transcendence" dei Crimson Glory. Fu in quel momento che mi innamorai del metal, pian piano mi inoltrai sempre di più in questo mondo e, come si suol dire, il resto è storia. Perchè proprio il metal? Difficile darti una risposta che non contenga banalità. Non saprei di preciso dirti cosa mi attrae di questo sfera artistica ma ho sempre pensato, in un certo senso, che fosse un'espressione di livello superiore, una sublimazione perfetta di tutti i fattori che permettono a una persona di esprimersi. Il metal è un genere con potenzialità praticamente illimitate, le sue varie manifestazioni possono adattarsi ad ogni stato d'animo, a mio avviso, ed ecco perchè ti dico che lo considero come un'Arte completa. Di certo la carica oltranzista di questa musica è ciò che mi ha attirato da subito ma con il passare del tempo ho imparato che nel metal posso trovare un disco adatto a qualunque spettro emotivo, oltre che una passione viscerale per ciò che si fa. Ovviamente non è sempre così e l'avvento di trend discutibili è all'ordine del giorno ma, quando sento dietro alle note la passione e la convinzione delle proprie idee, non posso fare a meno di continuare ad essere incondizionatamente attratto dal metal, non soltanto come passatempo musicale ma come modo di vivere e di vedere il mondo. È come un'inclinazione innata che non si può scegliere oppure oscurare: se ti colpisce puoi soltanto lasciarti trasportare da essa.


Qualche artista cui sei particolarmente affezionato, così da farci un'idea dei tuoi gusti?

Uno degli artisti a cui sono più legato è senza dubbio Dax Riggs, una personalità eclettica e inquieta, una voce strepitosa e l'anima di molti progetti meravigliosi (gli Acid Bath in primis, dei veri mentori per il sottoscritto). A seguire potrei menzionarti John Garcia e i suoi vari progetti Stoner, quel folle di Jürgen Bartsch con i Bethlehem, Satyr, Midnight, Arioch, Sasrof, Iommi e la lista sarebbe ancora lunga. Come vedi i miei gusti sono piuttosto variegati e difficili da ricomprendere in poche righe!


E le motivazioni che ti hanno spinto verso il gruppo di Aristocrazia e la sua webzine? È stato un caso o eri alla ricerca di una fantasmagorica esperienza di questo tipo?

Ancora una volta fu il caso a spingermi verso Aristocrazia. In un weekend di noia e fancazzismo mi proposi per dare una mano al nostro buon Insanity con alcune traduzioni, lui mi prese tremendamente sul serio, mi fece entrare nel gruppo e, dopo un periodo di prova, fui "assunto" a tempo pieno come traduttore e recensore. Agli inizi ero piuttosto timoroso nell'espormi, soprattutto in sede recensoria, ma poi presi confidenza con questo fantastico gruppo e con le mie possibilità e continuo tuttora a infestare questo sito con le mie improbabili elucubrazioni sui dischi. Non posso negare che la partecipazione a questà realtà è per me qualcosa di cui andare estremamente orgoglioso: oltre alle soddisfazioni personali che mi sto togliendo (l'intervista ai Septicflesh dell'anno scorso è un esempio lampante), questa collaborazione mi permette di scoprire sempre nuove proposte musicali e di mettermi continuamente in gioco.


Domanda piccante: cosa cambieresti, qui in 'zine, se dipendesse da te e da te soltanto?

Se dipendesse da me e me soltanto probabilmente Aristocrazia imploderebbe nel giro di un paio di giorni, date le mie inesistenti competenze gestionali e tecniche! A parte gli scherzi, comunque, io vedo questo gruppo come un manipolo di appassionati così compatto e motivato che mi viene davvero difficile muovere qualche critica. L'unica cosa che mi viene in mente è la possibilità futura magari di implementare ancora di più la nostra personalità come webzine inserendo più articoli e rubriche di varia natura. Onestamente, però, le mie idee al riguardo sono flebili e in realtà credo che la dimensione che abbiamo raggiunto tuttora sia pressochè perfetta.


Domanda ancora più piccante: cosa cambieresti invece nel mondo che orbita attorno alla 'zine? Ovverosia, cosa ti piacerebbe "ricevere" dai nostri cosiddetti media partners e più generalmente in che modo secondo te potrebbero facilitare il lavoro a noi e a tutti quelli come noi? Più dischi, più considerazione, meno merda, più veline nelle immagini promozionali, qualunque cosa, dicci.

Su questo punto sono deciso e irremovibile: promozione con disco fisico! Mi urta immensamente dover avere a che fare nella maggior parte dei casi con gli mp3. So che è una questione spinosa perchè le label devono, comprensibilmente, pararsi il culo di fronte al fenomeno della pirateria ma dall'altra parte ci sono spesso persone oneste e motivate (come noi) che fanno ciò che fanno per pura passione, senza speculazioni e senza lucro. Credo semplicemente che le etichette dovrebbero guardarsi un po' intorno e cercare di capire quali siano le realtà che meritano fiducia e rispetto. In questo modo sarebbe più semplice creare un rapporto di collaborazione a trecentosessanta gradi che metta al riparo dai raggiri e, allo stesso tempo, metta in condizione chi si prodiga per la propria passione di offrire un servizio di qualità maggiore. Di sicuro è più semplice però spedire cinquecento mail con gli mp3 piuttosto che fare un cernita e fornire di materiale fisico chi questo diritto se lo è guadagnato sul campo. In sostanza, come hai detto tu, più considerazione e meno merda. Le veline nelle immagini promozionali invece temo che potrebbero irretire molti recensori e allungare a dismisura i tempi di produzione, non credi?


Birra chiara o scura?

Leggera predilezione per la birra chiara ma non mi piace dover fare queste scelte per cui ti dico che me le acchiappo entrambe... se poi, tra un boccale e l'altro, mi piazzi anche un bicchierino di rum, io sono contento e felice!


Internet ha fatto bene alla diffusione della musica, ma anche male. Per quanto riguarda il "male", lasciando da parte il discorso download trito e ritrito, io vedo il web come la possibilità per tutte le teste di cazzo più becere di fingersi musicalmente acculturati; cosa pensi tu invece del metallaro internettomane medio (magari quello che si basa sulle gnùs di Metalitalia, dove i Kamelot sono diventati una band francese, se ben ricordo)?

...e dove gli Impiety erano diventati blackster nostrani, mi pare (anche se forse non era Metalitalia). Dunque, il fatto che la rete abbia offerto la possibilità a chiunque di improvvisarsi tuttologo direi che è sotto gli occhi di tutti. Se devo essere sincero, leggo tante di quelle puttanate ogni volta che mi collego a Internet che ormai ho quasi smesso di farci caso. Purtroppo, dietro uno schermo, qualunque idrocefalo si sente giustificato a esporre "pensieri" di opinabile levatura, indicatori di un'ignoranza abissale. Il perno della questione, a mio modo di vedere, è la mancanza di umiltà: nessuno di noi ha la verità nella tasca dei jeans e, quando non si conosce, sarebbe più utile ascoltare invece che parlare. Francamente mi curo anche poco di questa categoria di personaggi; un nostro proverbio dialettale dice che è tempo perso lavare la testa all'asino.


Com'è l'ambiente estremo dalle tue parti, nell'alto Piemonte? Ci sono molti ascoltatori, molte band, o è una situazione tragica?

Direi che la situazione è parecchio tragica: il panorama musicale rock e metal della zona è popolato perlopiù dalle solite (inutili) cover band e i pochissimi progetti validi che prendono vita si trovano spesso a rimbalzare contro dei muri di gomma, vuoi per la pressochè nulla ricettività del pubblico, vuoi per la mancanza di supporto e interesse generale. Negli ultimi due o tre anni sembra che qualcuno stia cercando di rialzare la testa e di incentivare le giovani band ma la strada è assolutamente in salita. Inoltre trovare musicisti seriamente motivati è un'impresa ostica e io stesso mi trovo sempre a fare i conti con questa triste e frustrante realtà. A maggior ragione, parlando prettamente di metal estremo, dire che la situazione è tragica è quasi un eufemismo. La scena di Torino è leggermente migliore da questo punto di vista e sono ormai più di una le realtà valide ma in provincia è ancora tutto molto molto ristretto, sia a livello di ascoltatori che di musicisti.


Concludo chiedendoti: un sogno nel cassetto, a caso, musicale o extra che sia, che ti porti appresso?

A livello musicale spero di riuscire a portare avanti i progetti che ho iniziato, mentre, sul piano extra musicale, mi piacerebbe un giorno riuscire ad aprire un mio studio tecnico... in caso contrario, posso sempre comprarmi quattro vacche e qualche capra, andare a rintanarmi su un alpeggio e dedicarmi alla pastorizia. Non mi dispiacerebbe nemmeno ricevere una cospicua eredità da un qualche parente ricco (che al momento non so di avere) in modo da potermi permettere di acquistare una tonnellata di dischi in una botta sola, senza dover ogni mese contare gli spiccioli con il contagocce, come faccio ora, per portarmi a casa qualche album. Ok, ho rotto il cazzo abbastanza: un applauso alla sopportazione di chi è arrivato a leggere fino qua sorbendosi tutto questo, un grazie a tutti i nostri lettori (fedeli o occasionali che siano) e... Long Live Aristocrazia!

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THE KING'S BAND - The King's Band

Informazioni
Gruppo: The King's Band
Titolo: The King's Band
Anno: 2009
Provenienza: Italia
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: facebook.com/thekingsband
Autore: Bosj

Tracklist:
1. Radio Hell
2. Death Or Glory
3. You Are My Bitch

DURATA: 10:42

In preparazione all'EP di prossima (molto prossima, visto che pare già in dirittura d'arrivo in questi giorni) uscita, analizziamo oggi il primo demo in assoluto del progetto King's Band, anno 2009, idea il cui nucleo forte è rappresentato in tutto e per tutto dal nostrano Karlage King, unico e solo mastermind di questa creatura musicale.
Trovo molto complesso parlare di questo demo tritraccia per diversi motivi: prima di tutto, è materiale datato e, al momento in cui leggerete questa recensione, la band sarà come accennato pronta ad uscire con un ep più completo, alla cui preparazione Karlage King si è dedicato con membri totalmente differenti da quelli presenti in questa sede; ancora, questo demo è molto breve, tre tracce sono davvero poche per poter "giudicare" una band; in ultimo, è sempre difficile avere a che fare con un disco in cui i lati negativi sono, ahimè, pesantemente rilevanti.
Con ordine: The King's Band è un progetto che si dedica a riportare in auge i fasti glam ottantiani, i cui numi tutelari sono quindi i vari Motorhead, Motley Crue, Ozzy Osbourne, eccetera, e Karlage King, oltre ad occuparsi della stesura di tutto il materiale, è il frontman e cantante del combo.
Se circa la parte compositiva possiamo notare piacevoli aspetti positivi e rimarcare solamente la mancanza di particolare personalità (già un titolo come "Death Or Glory" la dice abbastanza lunga sulle idee non proprio innovative di Karlage), apprezzando i fraseggi chitarristici alla Phil Campbell o Randy Rhoads e rimettendo un giudizio più approfondito ai giorni a venire, imputando il tutto ad una ingenuità di fondo perdonabile visto il debutto assoluto, la stessa clemenza non mi sento di utilizzare per quello che è il vero e pesantissimo limite del lavoro: la prestazione di Karlage King dietro al microfono.
Per farsi portatori di un certo messaggio, di una certa "attitudine", non è sufficiente indossare pantaloni stretti e cantare di belle donne bendisposte, ma serve anche una certa quantità di materia prima. Se Karlage ha dimostrato di possederla, quantomeno in nuce, in sede di scrittura, purtroppo lo stesso non si può dire del suo operato vocale, estremamente monocorde, poco versatile, incapace di una qualsiasi variazione, incastrato in un quasi-falsetto che se inizialmente incuriosisce, dopo poco arriva a mostrare tutti i suoi limiti e la sua inadeguatezza.
È passata acqua sotto i ponti, una maturazione in questo lasso di tempo era quantomeno necessaria, e presto vedremo quali progressi abbia compiuto nell'ultimo triennio il nostro nostalgico frontman. Questo demo, per il momento, lo accasiamo sulla mensola.

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HAYAGRIVA - Descendant XII


Informazioni
Gruppo: Hayagriva
Titolo: Descendant XII
Anno: 2012
Provenienza: Malesia
Etichetta: Khakan Productions
Contatti: facebook.com/myhayagriva - myspace.com/hayagriva
Autore: Insanity

Tracklist
1. Descendant XII
2. Is It Time For Me To Die?
3. Heavenly Of Red Heaven
4. Poem Of Thy Return
5. Forgotten Soldiers
6. Deep Breath Before The Plunge
7. Unseen Planet
8. Al Masihks Magick
9. Arrivals Of The End
10. Emperor Awaits
11. Supreme Deception Order
12. Syurga di Hujung (cover SYJ/SOFEA)

DURATA: 1:00:55

Sono quasi venti gli anni di attività degli Hayagriva, band della Malesia che il primo gennaio di quest'anno ha dato alla luce il terzo full intitolato "Descendant XII". Ricordo di averli scoperti con piacere anni fa, quando ancora muovevo i primi passi nel Metal estremo ed ero rimasto talmente colpito da altre realtà asiatiche quali Chthonic ed Anthelion, entrambe dedite al Black melodico/sinfonico. Le coordinate su cui si muovono i malesi sono le stesse, ma mi verrebbe da accomunarli più ad un altro act orientale, gli Ethereal Sin, piuttosto che ai due citati in precedenza; ciò non toglie che gli Hayagriva abbiano una propria personalità sviluppata nel corso degli anni, se il precedente "Red Heaven" datato 2007 era riuscito a destare il mio interesse, l'ultimo parto mostra un'evoluzione non trascurabile. Le caratteristiche del sound sono rimaste all'incirca le stesse: i synth lugubri e spettrali, lo spiccato senso melodico delle sei corde, la sezione ritmica dinamica e varia ("Forgotten Soldiers" in particolare metterà in evidenza questo aspetto), lo scream arido e soffocato, tutto ciò che era presente nel secondo disco c'è ancora; ciò che ha subito grandi miglioramenti è senza dubbio il songwriting, ora più personale ed allo stesso tempo ancorato al Black Metal degli anni Novanta e soprattutto maggiormente improntato sull'emozione. Il lavoro di tastiere e chitarre è davvero di ottima fattura, i due strumenti si intrecciano senza prevalere l'uno sull'altro, anzi si supportano a vicenda, basti ascoltare le aperture melodiche del singolo "Emperor Awaits" e dell'orientaleggiante "Poem Of My Return", le parti di piano di "Heavenly Of Red Heaven" o le atmosfere epiche di "Unseen Planet". Notevole l'uso dei sample nei vari brani, si potrebbe quasi parlare di abuso più che di uso per la quantità non indifferente ma sono talmente ben inseriti da far suonare l'intero lavoro come una colonna sonora (merito anche di episodi quali l'intro, l'intermezzo "Deep Breath Before The Plunge" e l'outro), una scelta rischiosa che in questo caso ha però dato buoni risultati. Purtroppo però il disco non è esente da pecche, una in particolare: la produzione non sempre risulta perfetta, in alcuni passaggi le chitarre non hanno la corposità che meriterebbero e la batteria qualche volta suona fin troppo secca, è un peccato poichè ad esempio il passaggio a metà di "Forgotten Soldiers" avrebbe potuto rendere molto di più. Da segnalare anche la presenza di alcuni assoli, presenza decisamente gradita ma che per quanto ben strutturati e bilanciati tra virtuosismo e pathos non sempre riescono a colpire fino in fondo, il primo di "Emperor Awaits" ad esempio, mentre quello finale della stessa traccia compie la missione in tutta la sua semplicità. Altra piccola critica va fatta allo scream, non è un difetto vero e proprio ma alla lunga gli ascoltatori meno tenaci potrebbero trovarlo noioso; in un contesto così epico, quasi cinematografico direi, una vocalità leggermente teatrale o comunque più varia avrebbe potuto giovare. Tutto questo non fa che dire che ci sono ancora margini di miglioramento per gli Hayagriva, tuttavia il livello raggiunto con questo "Descendant XII" è già un ottimo traguardo; chi nutre interesse verso l'Asia non deve lasciarsi scappare questo disco, in generale agli amanti dell'atmosfera e della melodia in ambito Black consiglierei di dargli una chance. Nel singolo che precede l'album potete inoltre trovare varie versioni di "Emperor Awaits" di cui una decisamente più elettronica, insieme ad una cover dei Sofea (di cui ammetto di non conoscere assolutamente nulla) riproposta anche nel full, potrebbe essere un ascolto interessante.

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ALGAROTHSYUM - Wastelander's Epoch



Informazioni
Gruppo: Algarothsyum
Titolo: Wastelander's Epoch
Anno: 2012
Provenienza: Stati Uniti
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: algarothsyum1.bandcamp.com
Autore: ticino1

Tracklist
1. Introduction - The Birth Of A New World
2. A Journey Of One, Part I
3. A Journey Of One, Part II
4. Spiraling To Realization
5. Repose
6. The City Of Ashes
7. Part I - Another Day
8. Part II - Zenith Upon The Barren Lands
9. Part III - Premonition And The Race
10. Part IV - Nuclear Funeral
11. Travelling Song

DURATA: 61:32

I musicisti sono tutti degli zotici che vogliono polarizzare con la loro musica che sovente è solo una decorazione della loro arroganza.

Tutti?

Vhyle è già stato mio ospite nel 2011 per la recensione del suo demo prodotto con grande passione. Da quanto ho capito, lui vede nella musica un modo per vivere la sua creatività e compone perché ama farlo, né più né meno. È il tipo di musicista cui auguro veramente di avere un minimo di successo e di ricevere una buona fetta di riconoscenza da parte del pubblico.

Questo lavoro puramente strumentale è stato inciso nel giro di sette mesi, da ottobre dell’anno scorso. La versione a pagamento, costa solo sette dollari, è ottenibile sul sito Bandcamp di Vhyle in ogni formato digitale possibile e contiene informazioni, copertina con tanto di wallpaper. Tutto è stato eseguito dall’artista stesso, sostenuto solo da un ospite, Brett Cox, per l’assolo di chitarra in "Part II - Zenith Upon The Barren Lands".

Cosa ci racconta la musica? Incontriamo la ripresa del demo con una bella evoluzione verso l’atmosfera in tutti i sensi. Un ampio ventaglio d’influenze scorre nelle note suonate dallo statunitense. Lentamente credo di trovare anche tocchi della scuola del signor Friedman in questo lavoro pieno di dettagli e sfumature. Penso che la batteria con le sue mitragliate scompaia a volte volutamente nel sottofondo; passaggi lenti e quasi suonati in sordina raccontano la storia di un viandante che tenta di sopravvivere nella solitudine post-apocalittica. L’insieme mi rammenta qui e là un progetto svizzero, i Sun Of The Blind. Note sobrie, quasi delicate accarezzano l’udito del pubblico anche nei frangenti più selvaggi che annotano qui e là dei toni variabili dal bombastico al cruento. Come già detto l’anno passato, è difficile catalogare questa musica. L’ascolto non è facilissimo, impegna parecchio l’attenzione dell’uditore viziato e avido di varietà. Seguendo la settima traccia fino alla decima riceverete l’abbraccio della Suite intitolata "A Wastelander's Epoch" che dura più di venticinque minuti. Qui arriviamo al punto: il disco è quasi costruito come un libro basato su diversi capitoli legati fra loro. L’unico punto che trovo un poco negativo è la presenza di alcuni déjà vu contenuti nel lavoro, scale che paiono essere riciclate durante questi sessanta minuti di musica.

Il risultato del mio ascolto? Se guardo nella mia collezione, gli Stati Uniti sono relativamente poco rappresentati e ammetto di non essere troppo amico dei loro prodotti. Algarothsyum è nuovamente qualcosa che esce dai canoni dettati dal commercio della nazione di Obama. Sì, quest’artista è da sostenere! Passione – Commercio 1 a 0.

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STILLHETEN - Septuagesima


Informazioni
Gruppo: Stillheten
Titolo: Septuagesima
Anno: 2012
Provenienza: Italia
Etichetta: D.N.A. Collective
Contatti: dnanetlabel.altervista.org
Autore: ticino1

Tracklist
1. Septuagesima part 1
2. Septuagesima part 2
3. Septuagesima part 3
4. Septuagesima part 4

DURATA: 30:52

Eccomi ancora una volta vittima della mia boccaccia grande e sfacciata. Per punizione mi tocca scrivere una rece su un disco di un genere che seguo sì ma di cui non sono un profondo conoscitore. Sono forse proprio questi gli attributi necessari per approfondire un lavoro che sembra avere le sue radici nel Kraut Rock dell’inizio Anni Settanta?

Ambient senza suoni spaziali sembra offrirci Stillheten, un viaggio unico, intenso e macchiato qui e là dai colori di una timida chitarra acustica. I soliti Bastian contrari affermeranno con arroganza che tanto "questa raccolta di suoni nei dischi ambient sembra sempre uguale". Forse sì ma anche probabilmente no. La techno è anche solo una raccolta di suoni ed è, tecnicamente parlando, lontana da poter essere considerata musica… vedete però che successo ha.

Calma e raccoglimento, questo sembra volere comunicarci Stillheten con il suo lavoro. Già i Popol Vuh si muovevano in tali concetti, proponendoci dischi contenenti una serie di mantra o di sequenze che ricordano delle preghiere. Qui non siamo confrontati con elucubrazioni mentali dettate da droghe, ci troviamo invece davanti a suoni omogenei e quasi meditativi. La chitarra acustica citata prima è il mezzo che ci vuole iniettare forza, permettendoci così di corroborare non solo lo spirito ma anche il fisico stremato dopo un lungo viaggio.

È molto difficile per me descrivere questo lavoro complesso, che lo è proprio grazie alla sua semplicità. Spero di esserne stato all’altezza.

La D.N.A. Records ha limitato la tiratura a ventiquattro copie prodotte con amore per il dettaglio e da non perdere.

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AGNOSIS - A Painful Pattern


Informazioni
Gruppo: Agnosis
Titolo: A Painful Pattern
Anno: 2011
Provenienza: U.S.A.
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: agnosisdoom.info - myspace.com/agnosis
Autore: Dope Fiend

Tracklist
1. The Weight Of Distrust
2. The Path Of Repeated Failures
3. Writing By Candlelight
4. All Your Sins

DURATA: 32:33

Il mondo dell'underground è sempre più vasto e credo sia capitato a tutti di trovarsi a contatto con un gruppo di cui non si era mai sentito parlare ma che si scopre poi essere attivo da un discreto lasso di tempo.
Questa volta, per il sottoscritto, è il turno degli Agnosis, band proveniente da New York e formata ormai dieci anni or sono, che ha alle spalle una discografia composta da vari demo, EP, split e un full risalente al 2005, "Zero". A quanto pare, vari cambi di line-up e un temporaneo scioglimento hanno minato la continuità della produzione di questi ragazzi che hanno fatto passare altri sei anni dall'ultima uscita prima di sfornare, alla fine del 2011, l'EP qui discusso, "A Painful Pattern".
A introdurci in questo lavoro (se non contiamo la copertina che ricorda molto uno scenario bukowskiano) è "The Weight Of Distrust", una strumentale costituita da arpeggi angustiati e ritmiche cadenzate su cui si innestano alcuni vaghi accenni Psych, la quale sembra volerci in qualche modo preparare al viaggio in cui ci stiamo addentrando: non ci sarà redenzione e non sarà certo una brillante luce solare a illuminare i nostri passi.
I cancelli di questa distopica dimensione vengono spalancati di fronte a noi da "The Path Of Repeated Failures" in cui l'anima Sludge della proposta prende il largo e in cui è impossibile non riconoscere l'influenza di gente come Crowbar, Iron Monkey e Ramesses che ci investirà impietosamente sotto forma di un rigetto continuo e opprimente, un dolore strisciante, infido e acido che tormenta il corpo e la mente.
La tensione si accumula e il carico emotivo viene aumentato ancor di più dalla successiva "Writing By Candlelight" in cui tutta la malata sfrontatezza degli EyeHateGod viene contrapposta ad un retrogusto melodico che ci si aspetterebbe di sentire in un disco Death/Doom in stile Nox Aurea. Proprio da questo contrasto tra la ruvidità caustica della voce e del mood di sottofondo e la malinconia quasi rassegnata delle melodie, viene generata quella visione oscura e straziante che trova il suo apice quando, dopo la metà del pezzo, spunta fuori un arpeggio dal gusto terribilmente bethlehemiano e da un momento all'altro ci si aspetta di sentirsi perforare i timpani da uno dei celebri urli di rabbiosa disperazione di Rainer Landfermann.
A chiusura del lotto ci viene presentata "All Your Sins" che, dopo un'introduzione fangosa e sinistra, si rivela essere null'altro che una riproposizione del pezzo dei Pentagram contenuto nel loro storico album di debutto. La versione che ci viene proposta dagli Agnosis risulta ancora più rallentata rispetto all'originale in cui erano passaggi neri e atmosfere occulte a fuoriuscire mentre invece, questa volta, ci troviamo a fare i conti con una tangibile sensazione di rovina e miseria. Detto tra noi, credo che Liebling & Co. sarebbero soddisfatti di tale interpretazione del loro operato, senza contare il fatto che come ospite alla voce è stato assoldato il buon Dave Sherman, ben conosciuto grazie al suo lavoro, tra gli altri, con Earthride e Spirit Caravan.
"A Painful Pattern", tirando le somme, è un lavoro di ottima qualità: una gradita continuazione per chi conosceva già il gruppo e un'ancor più gradita scoperta (oltre che un input per scavare nel passato) per chi, come il sottoscritto, ancora non aveva avuto il piacere di incrociare questa realtà.
Qualunque sia la casistica in cui rientrate, comunque, godetevi appieno questa ennesima, piccola (e interessante) dimostrazione di quanto il Doom sia in periodo di florida attività.
Quasi dimenticavo: sia questo disco che il precedente "Hecate" sono reperibili in forma digitale sul sito della band!

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STROSZEK - Sound Graveyard Bound


Informazioni
Gruppo: Stroszek
Titolo: Sound Graveyard Bound
Anno: 2012
Provenienza: Italia
Etichetta: Hypnotic Dirge Records
Contatti: facebook.com/stroszekofficial
Autore: Mourning

Tracklist
1. Can’t Make Things Undone
2. Shipwreck
3. Hope I’ll Never Know
4. Leftover
5. Self Closure
6. Adrift
7. Spirits Dwell
8. Crows
9. If The World Hadn’t Gone Insane (Mike Johnson)

DURATA: 44:08

Gli Stroszek sono la band, o il progetto se così vogliamo definirlo, di Claudio Alcara, noto alla scena metal per la sue avventure insieme a Gionatha Potenti negli act Frostmoon Eclipse, Macabre Omen e per il suo passato negli Handful Of Hate.
Potete però anche mettere tutto questo di lato, visto che di metallico e sensazioni black nel mondo racchiuso dietro tale monicker, probabilmente ispirato al film di Werner Herzog del 1977, storia alquanto particolare di come il diniego continuo possa annientare un essere umano, v'è ben poco.
"Sound Graveyard Bound" è il titolo di quello che se non erro dovrebbe essere il terzo capitolo full, arrivato dopo le incisioni di "Songs Of Remorse" nel 2007, "Life's Failure's Made Music" del 2009 e dell'ep "Wild Hunt" dello stesso anno.
Essendo il sottoscritto al primo approccio assoluto con tale realtà, ho trovato particolarmente intrigante la maniera con la quale un'amplia gamma d'influenze e personaggi sembrino ruotare all'interno del platter lasciando segno del proprio passaggio.
All'orecchio giunge un crocevia di sensazioni che pesca dal profondo sud emotivo del blues e del country, personaggi come Tom Waits e Johnny Cash capaci di rendere viva e unica qualsiasi storia abbiano deciso di raccontare s'incrociano con la malinconia e il disagio di certo dark/post punk, penso a gente come i Joy Division e ai Sister Of Mercy arrivando poi alla piovosa Seattle di band come Alice In Chains, Mad Season e Screaming Trees.
Non è infatti un caso che, un altro personaggio di spicco del pianeta rock qual è Mark Lanegan, con il suo modo di creare musica fumosa e distinguibilissima per un'impronta personale e sopraffina, si unisca al coro.
Nella vostra mente spruzzate un po' di atmosfere eteree, lasciate libero il pensiero di esprimersi preferendo l'acustico con le sue ossessioni delicate, carezzevoli alle sparute e incalzanti fasi in "elettrico" e condite il tutto con una produzione cristallina talmente vivida da sembrare un' esecuzione "live" e che la fa pervenire ancor più intensa e pulsante, bene, fatto ciò avrete fra le mani il disco in questione.
Gli Stroszek sono intriganti ed è il saper creare delle buone canzoni non calcando mai la mano l'arma vincente.
Le melodie sono indovinate, in qualche fraseggio eccedono in dolcezza ma, e c'è il ma, quel retrogusto agrodolce fornito dal cantato "parlato" dell'Alcara, la dimensione ambientale architettata per ognuna delle suddette fasi e delle repentine svolte umorali mantengono ben sveglia l'attenzione allontanando le incertezze su una possibile "melassa in avvicinamento".
Ascoltando brani come l'opener "Can't Make Things Undone", "Adrift", "Crows" già rilasciata in qualità d'antipasto nella compilation della label "Desolation, Dissonance, Delirium" o "Spirits Dwell" nella quale è la voce femminile di Nat ad accarezzare e cullare l'animo dell'ascoltatore, avrete modo di comprendere quanto distaccarsi da una società odierna fatta di "rumori" e urla tenendo un po' di spazio per sé possa divenire cosa semplice qualora si fosse in possesso della colonna sonora adeguata.
"Sound Graveyard Bound" è ispirato, leggiadro ma non "molle", sentimentalmente avvincente e a tratti potrebbe anche trovare posto in qualche scaletta radiofonica semmai l'Italia avesse fra le sue file degli speaker o dj con le palle pronti a scommettere su materiale che per una volta non venga tirato fuori da fucine sterili come quelle della De Filippi o della Caselli.
Fra relax ed emozione gli Stroszek si son conquistati un posto nel mio lettore da giorni, voi che dite, non vi serve una pausa dal mondo in cui vivete? Se così fosse, perché non approfittare del loro disco, basta un click sul tasto "play" e il gioco è fatto.

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DISEASE ILLUSION - Backworld


Informazioni
Gruppo: Disease Illusion
Titolo: Backworld
Anno: 2011
Provenienza: Italia
Etichetta: Ultimhate Records
Contatti: facebook.com/diseaseillusion
Autore: Mourning

Tracklist
1. Last Murder
2. Eyes Of The Medusa
3. Predator
4. From Ashes To Dust
5. Denied
6. One Last Breath
7. The Truth
8. Everything Into Nothing
9. Redemption Of The Dreamer
10. Light On This Earth

DURATA: 50:15

Il death melodico è forse il genere che si è sputtanato di più nel corso degli anni, chi è appassionato di questo stile, o magari come il sottoscritto c'è cresciuto di pari passo, ha dovuto sorbirsi dei mutamenti inaspettati e poco gradevoli che vanno dalle intrusioni metalcore alla scadentissima deriva "pop" degli ultimi anni.
Quando ho ricevuto la versione digitale di "Backworld" dei nostrani Disease Illusion speravo vivamente di non dover staccare l'ascolto dopo due o tre tracce per riprendermi da chissà quale attacco di diabete, devo ringraziare i ragazzi emiliani perché contrariamente alle mie aspettative mi hanno tenuto ben incollato allo stereo facendomi divertire e scapocciare come nell'ultimo periodo era successo davvero di rado, forse solo gli Shaded Enmity erano riusciti a raggiungere così pienamente l'obbiettivo.
Partiamo dal presupposto che nessuno inventa nulla e che parlare di rivoluzioni nell'ambito è semplicemente utopico, la musica che ha pompato nelle casse per giorni è un esempio di come si possano ringraziare i grandi della scena di Gothenburg, prendere qualcosina in prestito da quella finnica più emotiva, penso agli Insomnium, shakerare il tutto e aggiungendo un pizzico e sottolineo pizzico, di modernità tendente al "core" offrire una prestazione che triti le ossa.
Già, i Disease Illusion sono ispirati in chiave di riffing, lasciano percepire quanto la componente legata agli umori divenga fondamentale nell'esecuzione dei giri coadiuvando l'ottimo operato dietro al microfono di Ferruc, il quale forse in alcuni casi potrebbe anche evitare la forzatura nel growl/scream sofferto, adottando magari delle linee che puntino sulla profondità per riempire gli spazi più allentati.
Eh sì, perché ai ragazzi piace correre ma non andare d'unica tirata, "Backworld" ci mette infatti a disposizione delle belle pistolettate in pieno volto come "Predator", "Eyes Of Medusa" e "Denied", prestazioni granitiche quali "Last Murder" e "From Ashes To Dust" riuscendo anche a inserire qua e là ripartenze improvvise, stacchi puliti e quel ritornello che fa la differenza in "Everything To Nothing" chiarendo che pur avendo artigli per graffiare e quindi arrecare danno, sono comunque in grado di sfoderare altre armi.
Si è davvero sulla buona strada, gli ingredienti e le dosi sono quelli adeguati per far sì che la band possa affermarsi anche in ambito internazionale.
Tenendo conto della decadenza continua che colpisce le realtà maggiori, gli In Flames sono ormai inutili da anni, i Dark Tranquillity si clonano all'infinito e gli stessi Insomnium sono in un periodo di scarsa ispirazione pur restando sopra le media, i Disease Illusion dopo aver gettato delle basi simili dovranno lavorare in rotta del salto di qualità definitivo, dovessero ottenerlo, il gotha del genere sarebbe lieto d'accoglierli, ci mancano formazioni da seguire con costanza in un filone che sempre più stenta a dare buoni frutti.
Siete amanti del melodic-death? L'acquisto è consigliato e ancora una volta posso affermare con piacere "Italians do it better".

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21G - Rehab


Informazioni
Gruppo: 21g
Titolo: Rehab
Anno: 2012
Provenienza: Italia
Etichetta: Autoprodotto
Contatti: facebook.com/21gTheBand
Autore: Mourning

Tracklist
1. Wicked
2. Personal Abuse
3. Ring
4. Supposed To Be
5. Conscious Step
6. Wicked (remix)
7. Personal Abuse (remix)

DURATA: 31:14

I 21g, monicker che a quanto pare deriva dalla teoria che identificherebbe il peso dell'anima umana con quella cifra, sono una formazione alla prima uscita intitolata "Rehab" nella quale ogni singolo aspetto è stato curato personalmente da loro, l'ennesima autoproduzione che tenta di farsi strada nell'oceano rock.
L'album composto da cinque pezzi più due remix è una miscela che vede partecipare parecchi artisti.
Se l'influenza di base sembra essere evidentemente quella che è una passione comune dei musicisti coinvolti, i N.I.N. di Trent Reznor, in più circostanze pare proprio di trovarsi immersi in situazioni che attingono dalla Seattle grunge degli Alice In Chains e Pearl Jam, dal post dei Silverchair sino all'alternative metallico dei Disturbed (e non sono i soli nomi che vi capiterà di tirar fuori).
È soprattutto l'impianto delle voci e dei cori a far pervenire che la ricerca in ambito rock sia ben più ampia di quel che ci si possa attendere da una proposta di stampo elettronico, elettronica del resto si rivela come fattore inglobato all'interno dei pezzi in maniera da offrire un solido supporto, aumentando la pressione del proprio peso in brani come "Supposed To Be" o le due versioni remissate di "Wicked" e "Personal Abuse" a cura di Paolo, cantante degli ormai splittati CSR, act loro corregionale conosciuto nell'underground per la fusione fra alternative rock e industrial sound.
Le direzioni che i 21g potrebbero intraprendere in futuro sono molteplici, decidessero quindi d'inasprire o rendere ancora più fruibili sonorità già adatte anche a una selezione radiofonica (probabilmente non quella italiana), le possibilità di migliorare quanto rilasciato con "Rehab" sono di fatto oggettivamente realizzabili.
C'è da lavorarci su, è però evidente che i 21g abbiano potenzialità rimaste inespresse, il perlustrare scandagliando con maggior profondità la dimensione rock sulla quale fissare la propria evoluzione potrebbe donare loro le armi adatte per fare un salto di qualità.
Per ora "Rehab" e la loro musica ci stanno più che bene così come sono nella loro naturale derivazione e spontanea imperfezione.

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VERTIGO STEPS - Sublight


Informazioni
Gruppo: Vertigo Steps
Titolo: Sublight
Anno: 2012
Provenienza: Portogallo
Etichetta: Ethereal Sound Works
Contatti: facebook.com/vertigosteps
Autore: Mourning

Tracklist
1. Silent Bliss
2. Someone (Like You)
3. Nothing At All

Video
1. Someone (Like You)
2. Fire Eaters
3. Inhale

DURATA: 12:37

I Vertigo Steps nascono nel 2007 per volere del portoghese Bruno A., mente strumentale del duo del quale è parte integrante il cantante finnico Niko Mankinen e nel quale ritroviamo in qualità di session & friend Daniel Cardoso ricoprente più ruoli.
Sono loro i personaggi fondamentali che alimentano le composizioni nelle quali durante il corso di questi cinque anni si sono poi avvicendati svariati guest.
"Sublight" è l'ep che anticipa l'uscita del terzo album "Surface/Light", è composto da tre tracce per una durata di poco più superiore ai dodici minuti che confermano la bontà della proposta della formazione, si spazia da atmosfere malinconiche, agrodolci inclini al post rock/shoegaze ad altre più intense e dalle colorazioni meno sfumate rilascianti un piacevole gusto di "popular" raffinato.
Provando a inserire una lista di monicker con i quali potreste riscontrare affinità, penso che act come Anathema, Katatonia, Porcupine Tree, Green Carnation e forzando un po' la mano anche qualcosa di "amorphico" potrebbero identificare il percorso musicale intrapreso dai Vertigo Steps che emotivo si espone con la placida irruenza di "Silent Bliss", si accartoccia su se stesso nella ballad dalle venature melodiche in fase solistica "Someone Like You", spegnendosi con la cover di "Nothing At All" dell'australiano Rob Dougan, conosciuto per lo più grazie alla sua creazione "The Matrix" colonna sonora del film.
Oltre alle tre canzoni che compongono la tracklist di "Sublight" avrete la possibilità di poter guardare i video di altrettanti brani scelti per l'occasione iniziando dal singolo "Some One Like You", andando poi a ritroso nel tempo dapprima con "Fire Eaters" estrapolata dall'omonima prima fatica e successivamente "Inhale" contenuta nel secondo "The Melancholy Hour", un ennesimo assaggio messo lì per farvi testare il valore dei Vertigo Steps.
L'ascolto di questo breve lavoro potrebbe magari mettervi l'acquolina in bocca e chissà che non andiate poi a cercare le opere più sostanziose, pertanto se fra i vostri mp3 o nella collezione di cd/lp che avete in casa risiedono quelle band citate nel testo vi consiglio di dare una chance al sound di questo progetto.

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DESDEMONIA


Informazioni
Autore: Mourning
Traduzione: Dope Fiend

Formazione
Tom Dosser - Basso, Voce
Tom Michels - Batteria
Marc Dosser - Chitarra, Voce
Oli Scheeck - Chitarra


Operai del death metal, i Desdemonia sono una delle band che con passione continuano a produrre musica e quest'anno festeggiano i loro quindici anni d'attività.

Benvenuti sul nostro sito, come ci si sente ad aver addosso un bel po' di storia da poter raccontare?

Ciao, grazie per averci ospitato. Ci si sente davvero strani sapendo che suoniamo da quindici anni e che siamo sopravvissuti alla prova del tempo. Ma è bello sapere che ci siamo sempre attenuti al nostro credo musicale e non siamo mai cambiati in base ad ogni moda che è sorta nel metal, è stata la strada giusta da percorrere.


Come sono nati i Desdemonia, chi sono i membri della line up e quali sono le band che vi hanno fornito ispirazione?

La nascita effettiva dei Desdemonia risale al 1994 grazie a Tom Michels e Marc Dosser. Gli altri membri sono Tom Dosser e Oli Scheeck. Il primo concerto ebbe luogo nel dicembre 1996, quindi celebrare il nostro anniversario quest'anno era appropriato. Abbiamo influenze provenienti da ogni angolo possibile della musica metal ma siamo rimasti sempre aperti ad altri stili di musica. Questo è importante per mantenere fresco lo stile creativo.


Cos'è successo dal 2001 al 2010, anno che ha visto l'uscita del terzo capitolo "Existence"? La band è stata messa in stato d'ibernazione?

Quando abbiamo rilasciato "Paralyzed" nel 2001, eravamo continuamente in tour per suonare i nostri pezzi dal vivo. Abbiamo rispettato ogni impegno e abbiamo suonato in diversi paesi in Europa. Inoltre ogni membro studiava in un paese diverso (Germania, Francia e Belgio), quindi non abbiamo trovato il tempo per entrare in studio insieme e registrare le nuove canzoni. La nostra idea principale era in realtà di costruire uno studio nostro. Così, quando siamo tutti tornati a Lussemburgo, abbiamo iniziato a costruire lo studio e a registrare le nostre nuove canzoni. E ciò ha richiesto tanto tempo. Quando "Existence" è uscito, nel 2010, abbiamo fatto un grande concerto in Lussemburgo, davanti ad un pubblico di cinquecento persone.


Se c'è una parola che credo possa rappresentare il vostro modo di far musica è: coerenza. Avendo ascoltato tutti e tre gli album, ho notato una costante affinità di suoni e intenzioni, con l'unica variante che, in "Paralyzed" soprattutto, c'erano degli strani echi scuri, quasi "dark-wave" oriented, che vi confluivano. Come nascono i pezzi? Chi sono gli autori della musica e dei testi?

Sì, penso che tu abbia trovato la parola giusta per la nostra musica: coerenza. In realtà non abbiamo intenzione di suonare come qualche altra band. Scriviamo musica in un modo molto innocente. La nostra musica è uno sforzo collaborativo, le idee vengono messe insieme quando tutti e quattro siamo in sala prove. Noi incorporiamo tutto ciò che sembra giusto a tutti i membri della band. Le nostre canzoni iniziano spesso con un riff attorno a cui si costruisce una canzone. Cerchiamo di concentrarci di più su un tema per una canzone piuttosto che cercare di incorporare mille idee e perderci. Naturalmente si può avvertire una crescita del songwriting da "Same" a "Paralyzed" e fino a "Existence". "Paralyzed" abbiamo cercato di tenerlo compatto e diretto in termini musicali. In "Existence" il songwriting è stato leggermente modificato ed è diventato un po' più progressivo, comunque mantenendo il sound Desdemonia.


Considero "Existence" un buon rientro in carreggiata, avendolo ascoltato più volte (troverete la recensione sul sito), ho notato quanto ancora sia presente una forma genuina e semplicemente death. È piacevole alle volte non dover "affrontare" proposte che siano forzatamente old school o sin troppo tecnicamente forzate. Ho citato questi tre brani a rappresentanza degli apici insiti nel platter: "Overload", "Existence" e "Lay Down Your Crown". Cos'è che ancora oggi vi da la spinta per suonare death e interpretarlo in questa maniera?

Fin dal primo giorno non abbiamo mai voluto suonare esattamente come una delle nostre influenze. Non abbiamo mai seguito le tendenze. È sempre stato importante per noi mantenere l'ispirazione e mantenere la nostra musica libera dai cliché. Non abbiamo bisogno che le nostre canzoni siano una manifestazione di tecnica. Tutto ciò che importa è che siano buoni pezzi. E se siamo in grado di rapportarci ad essi, magari altre persone lo possono fare. Le nostre canzoni sono uno sforzo collaborativo, nascono da tutti e quattro i membri della band ed è questo ciò che rende funzionale il nostro sound. Uno degli obiettivi principali, credo, è sempre quello di scrivere la musica nel modo in cui vorremmo sentirla come ascoltatori. L'importante per noi è avere un buon groove e delle canzoni riconoscibili che smuovano le persone. D'altra parte parti acustiche e più melodiche fanno respirare i pezzi. Una buona combinazione di entrambi gli elementi è ciò che rende buona una canzone.


Ogni album è figlio del tempo, dei componenti della band che lo interpretano e delle emozioni che si mettono in gioco in quel preciso "momento" storico. Il secondo punto per voi è stato ed è una certezza di continuità dato che la line-up è consolidata in pratica da sempre (o quasi). Se doveste presentare i tre lavori ad un ascoltatore che non abbia ancora avuto occasione di approcciarli, in che modo lo fareste?

Naturalmente in un album si sente sempre il modo di pensare e di suonare di chi lo ha prodotto. È inoltre possibile ascoltare l'esperienza e le possibilità tecniche di quel momento. Se dovessi presentare ad un ascoltatore il nostro lavoro in ordine cronologico, inizierei con "Same", il nostro primo album, su cui c'erano tutte le canzoni che avevamo scritto fino a quel punto. Le canzoni hanno vibrazioni diverse e sono state scritte nel corso di un lungo periodo in cui eravamo ancora alla ricerca di noi stessi. Lo abbiamo registrato in Germania e masterizzato a Bruxelles, in Belgio. Poi, naturalmente, mi piacerebbe fargli ascoltare "Paralyzed". Con un piccolo cambiamento nella line-up e già un sacco di esperienza dal vivo, eravamo più consapevoli di ciò che stavamo cercando quando stavamo scrivendo le canzoni di quell'album. Abbiamo provato di scrivere canzoni più dirette, più brevi ma più concentrate su quello che era importante. Anche questa volta siamo andati in Germania per registrare, ma in uno studio diverso. Dal momento che non abbiamo avuto molto tempo di registrazione, abbiamo lavorato in maniera molto concentrata, il che ha contribuito a rendere il tutto molto diretto. "Existence" sarebbe l'ultimo album da presentare. Nove anni dopo il secondo album, esso contiene canzoni che sono state scritte in quel periodo in cui stavamo suonando un sacco di spettacoli in tutta Europa, vedendo le tendenze della scena metal andare e venire. La registrazione ha richiesto più tempo perché ognuno di noi stava finendo i suoi studi, ma anche perché avevamo deciso di costruire il nostro studio e fare la registrazione per conto nostro. Così, quando abbiamo finalmente iniziato nel 2008 a registrare, abbiamo voluto rendere il suono esattamente come volevamo. Ed è quello che si può ascoltare su "Existence". Le canzoni potrebbero avere più di una torsione progressiva pur rimanendo in atmosfera Desdemonia, cosa che mantiene la struttura della canzone facilmente accessibile.


Parlando di "passione" per il metal, qual è il vostro pensiero sulla scena odierna? C'è qualcosa che vi disturba del modo contemporaneo di fare musica (commerciabilità, produzioni troppo pulite, fattore estetico messo in molti casi in primo piano)?

È interessante esporre alcune riflessioni su questo punto. La nostra passione è sempre stata la musica e, nel nostro caso, la musica metal. È la musica più intensa che vogliamo suonare. Nel corso di questi quindici anni abbiamo visto tante mode andare e venire. Alcune band stavano cambiando tutto per soddisfare queste tendenze ma non appena queste cambiavano le suddette band sono scomparse. Quindi, per noi, l'unica cosa giusta da fare è rimanere fortemente attaccati alle nostre convinzioni musicali e costruire e seguire la nostra stessa tendenza all'interno della band. Abbiamo sempre apprezzato la maggior parte degli stili metal perché ci è stato mostrato come questa musica sia aperta ad altre influenze. E ci hanno ispirato ma sapevamo quale fosse il tipo di musica che noi dovevamo suonare. Quello che ho notato però è che negli anni 2000 Internet ha cambiato enormemente le cose. Oggi il look e l'artwork sembrano essere diventati più importanti della musica stessa. Le giovani band voglio somigliare esattamente ai loro eroi mentre quando abbiamo iniziato noi la band voleva avere un suono proprio. Le band di giovani non hanno il tempo di sviluppare il proprio sound perché tutti possono tirare fuori una grande registrazione anche se suonano solo da un anno. Con l'uso di lettori MP3 che contengono un migliaio di canzoni o più, gli ascoltatori non sono più focalizzati su determinate band ma solo su alcune canzoni. Penso che oggi troppo tempo sia stato speso per le cose di contorno invece che per tenere d'occhio la musica. Ma, allo stesso tempo, vedo che le nostre scene locali sono diventate davvero forti. I live giocano un ruolo importante in questo momento, forse perché la gente cerca di trovare qui una realtà e una comunità che sia reale.


C'è invece qualche peculiarità delle decadi passate, sia dal punto di vista dei suoni che dell'ambito culturale metallico, di cui sentite la mancanza?

Come ho detto prima, naturalmente, tutto cambia. Io non sono il tipo di persona che dice che i cambiamenti siano negativi. Mi piace molto il cambiamento. Ma penso che le evoluzioni debbano esserci perché gli artisti le sentono dentro e non perché lo dice il mercato. Il suono si evolve con la tecnologia e questo è sempre interessante. Penso però che, a volte, sia meglio avere un disco che suoni meno pulito ma con un buon songwriting.


Com'è la scena lussemburghese? Vi sentite parte di essa?

Quando abbiamo iniziato praticamente non c'era una scena metal in Lussemburgo. Naturalmente c'erano metallari ma non erano organizzati. Per i più grandi spettacoli tutti andavano in Germania o in Francia. Quindi abbiamo dovuto ripartire da zero. Le poche band che c'erano in quel periodo organizzavano tutto da sole. Senza Internet, abbiamo anche organizzato live con gruppi come Soilwork e Krisiun durante i loro primi tour in Europa. Dato che il Lussemburgo è un paese piccolo, abbiamo iniziato presto a suonare nei paesi vicini. Nel corso degli anni sempre più persone e promotori sono stati attratti dai Desdemonia e dalla musica metal in Lussemburgo. Questa opportunità ha portato a suonare qui gruppi come Apocalytica, Gorefest e Dismember tra gli altri. Nel corso degli anni 2000 si è verificato un boom di band metal in Lussemburgo. È diventata oggi una scena molto attiva, con alcuni concerti ogni settimana. È bello vedere che i giovani che erano venuti ai nostri concerti sono ancora appassionati di questa musica e ora suonano in questi nuovi gruppi che compongono la scena in Lussemburgo. Così oggi è possibile avere, come è successo a noi per il nostro "15 Years Of Desdemonia Jubilee Show", cinquecento persone con sole bande lussemburghesi. Questo è un video a riguardo: www.youtube.com/watch?v=n4C_p5JdGL8. Qui invece c'è la lista delle attuali band metal lussemburghesi: www.metal-archives.com/lists/LU.


Per una band credo non ci sia cosa più bella che poter suonare la propria musica live, quant'è importante questa dimensione per voi? L'avete mantenuta viva anche negli anni di "fermo" compositivo?

Siamo una band da live. Per noi suonare dal vivo è stato il primo passo. Naturalmente la scrittura della musica è la parte più importante ma portare la tua musica alla gente è sempre bellissimo, c'è un grande scambio di energia. Questo scambio mantiene viva la scena.


C'è un'esibizione alla quale siete particolarmente legati per i ricordi che vi ha lasciato, positivi o negativi che siano?

Questa è una domanda difficile. Ci sono tanti ricordi e individuarne uno è davvero difficile ma ciò che è certo è che ogni esperienza, buona o cattiva, ci ha aiutato a diventare quello che siamo oggi. Ci sono stati momenti molto difficili, tour in cui si doveva combattere contro tutti, ma poi si vivevano grandi live con mille, o anche solo cinquanta, persone ma che ti facevano sentire davvero bene.


Chi sono i Desdemonia al di fuori dell'ambito band? Passioni extra musicali, lavoro, vita quotidiana?

Beh, due di noi sono insegnanti, un altro lavora come medico alla Luxembourg University e un altro ancora lavora anch'egli nell'ambito scolastico. E tutti abbiamo passioni diverse che comprendono sport, famiglia, divertimento.


Progetti futuri, bolle qualcosa in pentola? Dobbiamo aspettarci un successore di "Existence" a breve?

Abbiamo suonato molto negli ultimi due anni, per cui ora vogliamo prendere un po' di tempo libero e concentrarci sul songwriting. È difficile scrivere nuove canzoni quando si sta sul palco tutto il tempo. Ora possiamo veramente prenderci del tempo per lavorare sulle nostre idee. Alcune parti di canzoni sono già state ultimate, quindi tenetevi aggiornati.


L'intervista si conclude qui, a voi la parola per un'ultimo messaggio sperando magari di vedervi on stage sui palchi nostrani.

Grazie mille per il tempo dedicatoci e per l'energia che mettete nel vostro progetto. Vorrei anche ringraziare tutti i lettori italiani per il loro interesse. L'Italia è uno dei paesi in cui non abbiamo mai suonato quindi potrebbe essere il prossimo paese da visitare. Forse ci si vede lì.

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DESDEMONIA (english version)


Information
Author: Mourning
Translation: Dope Fiend

Line Up
Tom Dosser - Bass, Vocals
Tom Michels - Drums
Marc Dosser - Guitars, Vocals
Oli Scheeck - Guitars


They are death metal workers, Desdemonia is one of the bands that continue to produce music with passion and this year celebrate their fifteen years of activity.

Welcome to our site, how it feels to have in a lot of history to be able to tell?

Hi, thanx for having us. It actually feels weird to know that we are now playing for fifteen years and that we survived the test of the time. But it feels good to know that sticking to our musical believes and not changing with every fashion that came around in metal, was the right way to go.


How did Desdemonia born, who are the members of the line up and what are the bands that have inspired you?

Desdemonia was actually formed in 1994 by Tom Michels and Marc Dosser. The other members are Tom Dosser and Oli Scheeck. The first gig was in december 1996, so celebrating our anniversary this year was appropriate. Influences came from every possible corner of metal music back then but we stayed always open-minded to other styles of music. This is important to keep the creativity fresh.


What happened from 2001 to 2010, the year that saw the release of the third chapter, "Existence"? The band was put into a state of hibernation?

When we released "Paralyzed" in 2001, we went endlessly on tour to play our songs live. We kept being asked all the time to play different countries in Europe. Also every member was studying hard in different countries (Germany, France and Belgium), so we didn't find the time to get in a studio together and record the new songs. Our main idea was actually to build a studio of our own. So when we all came back to Luxembourg for good, we started building the studio and recording our new songs. And this took time as well. When "Existence" came out in 2010, we made a big release concert in Luxembourg where a audience of five hundred assisted.


If there is one word that I think might represent your way of making music is: coherence. Having listened to all three albums, I noticed a constant affinity of sounds and intentions, with the only difference that in "Paralyzed" above all, there were strange dark echoes, almost "dark wave" oriented, that flowed. How did your songs born? Who are the authors of the music and lyrics?

Yes, I think you have found the right word here for our music: coherence. Actually we never intended to sound like any band. We just write music in a very innocent way. Our music is a collaborative effort, so all four of us are in the room when ideas are being put together. We incorporate everything that feels right to every member of the band. Our songs often start out with a riff where we build a song around. We try to concentrate more on one theme in a song than try to incorporate a thousand ideas and get lost. Of course you can hear a development of the songwriting and sound from "Same" to "Paralyzed" to "Existence". On "Paralyzed" we tried to keep it compact in musical terms and straight to the point. On "Existence", the songwriting changed slightly and became a little more progressive while keeping the Desdemonia sound.


I consider "Existence" a good back on track, having heard it several times (you will find the review on the site), I noticed how much longer is this a genuine form and simply death metal, sometimes it's nice not having to "deal with" proposals that are not forcedly old school or too technically enforced. I mention these three songs to represent the inherent platter quotes: "Overload", "Existence" and "Lay Down Your Crown". What is that still gives you the incentive to play death metal and interpret it in this way?

Since day one, we never wanted to sound exactly like one of our influences. We never followed trends. It was always important to us to keep the inspiration and keep our music free from the cliché. We don’t need our songs to be a technical showoff neither. All that imports is a good song we can relate to. And if we can relate to it, hopefully other people can as well. Our songs are a collaborative effort, it comes from all four band members and it is this what makes our music sound the way it does. One main aim, I think, is always to write music the way we would want to hear it as a listener. A good groove and recognizable song patterns that make people move are important to us. On the other hand, acoustic and more melodic parts bring air into the songs. A good combination of both is what makes a song good.


Each album is a son of the time, members of the band who interpret it and emotions that are put into play at that historic "moment". The second point was and it is for you a certainty of continuity, since the line-up is established from the beginnig (or almost). If you were to submit your three works to a listener who has not yet had occasion to approach them, how would you do?

Of course, in an album you’ll always hear the way people thought and played at that very moment. You can also hear the experience and the technical possibilities of that time. I would submit a listener our work chronologically. I would start to show him "Same", our first album, on which were all the songs, we had written till that point. The songs have different vibes and were written over a long period where we were still in search of ourselves. We recorded this one in Germany and mastered it in Bruxelles, Belgium. Then of course, I'd give him "Paralyzed". With a little change in the line-up and already a lot of live experience, we knew more, what we were looking for when we were writing the songs to that album. We tried to write songs that came more to the point, shorter but more focused on what's important. Also this time, we went to Germany to do the recording but in a different studio. Because we didn't have much recording time, we worked very focused which helped to make the work sound very direct. "Existence" would be the last album to show. Nine years after the second album, this one contains songs that were written over this period. During that time we were playing a lot of shows all over Europe seeing trends in the metal scene come and go. The recording took longer because every one of us was finishing his studies but also because we had decided to build our own studio and do the recording on our own. So when we finally started in 2008 to do the recordings, we wanted to make it sound exactly like we wanted. And that is what you can hear on "Existence". The songs might have more of a progressive twist while still staying in the Desdemonia vibe of keeping the song structure easily accessible.


Speaking of "passion" for the metal, what is your thought about the scene today? Is there something that bothers you in the contemporary way of making music (marketability, too clean production, aesthetic factor in many cases put in the foreground)?

It's interesting to put some thoughts on this. Our passion has always been the music, in our case metal music. It’s the most intense music that we want to play. Over the fifteen years, we have seen so many trends coming and going. Some bands were changing entirely to match these trends but as soon as the trends changed, these bands disappeared. So for us, the only right thing to do is to stay strong to our musical beliefs and build and follow our own trend within the band. We always liked most of the styles in metal because it showed how open this music is to other influences. It inspired us but we knew how our music needed to sound. What I have remarked though is that in the years 2000, the internet has grandly changed how things work. Today, the looks and artwork seem to have become more important than the music itself. Young bands want to sound exactly like their heroes whereas when we started, bands wanted to have a sound of their own. Young bands don't have the time to develop their own sound because everybody can make a great sounding recording of their music even if they just play for one year. With the use of mp3 players that contain a thousand songs or more, the listeners aren't devoted to certain bands anymore but just to certain songs. I think that today too much time is being spent on the things around instead of keeping an eye on the music. But at the same time, I can see that our local scenes have become really strong. Live shows play an important role now, maybe because people try to find here a reality and a community that’s real.


There is however some peculiarities of the past decades, in terms of sound or of the cultural metal field, which you feel the lack?

As I said before, of course everything changes. I'm not the one to say that changes are bad. I really like change. But I think changes need to be, because the songwriters feel it and not because the market says so. Sound evolves with technology and that is always interesting. But I think that sometimes, it's better to have a record that sound less clean but where the songwriting is great.


How is the Luxembourg scene? Do you feel part of it?

When we started there was hardly a metal scene in Luxembourg. Of course, you had metal heads but they weren't organized. For bigger shows everybody traveled to Germany or France. So we had to start from scratch. The few bands we had around these days, organized everything themselves. Without any internet back then, we even organized ourselves shows with bands like Soilwork and Krisiun on their first tours in Europe. Because Luxembourg is small, we started early on to tour neighboring countries and that was tough back then. During the years more and more people and promoters got the attention of Desdemonia and metal music in Luxembourg. This brought opportunities to play with bands like Apocalytica, Gorefest, Dismember amongst others. During the years 2000, a boom of Luxembourg’s metal bands took place. It has become today a very active scene with some concerts every week. It's good to see that young people who came to our shows are still committed to this music and now play in these new bands that make the Luxembourg scene very exiting. So today it is possible to have, like we did for our "15 Years Of Desdemonia Jubilee Show", five hundred people with only Luxembourg bands and virtually no radio airplay. Video from "15 Years Of Desdemonia Jubilee Show": www.youtube.com/watch?v=n4C_p5JdGL8. Here's a list of all the luxembourgish metal bands today: www.metal-archives.com/lists/LU.


I think that for a band the best thing is can play live their music, how is important this aspect for you? Have you kept it alive for these years of compositional "stasis"?

We are a live band. For us playing live is why we started in the first place. Of course writing is the most important part but bringing your music to the people is always exiting because it's always a great exchange of energy. This exchange makes people go forward and keeps the scene alive.


There is a performance to which you are particularly attached for the memories that she had left you? Positive or negative.

This is a difficult question. There are so many memories. To pinpoint one is really difficult but what's for sure is that every experience, good or bad has helped us to become what we are today. There have been really difficult times on tour where it was all about battling our way trough grim stage and tour managers but then you have great shows with a thousand or even fifty people who make you feel great.


Who are Desdemonia outside the band? Extra-musical passions, work, everyday life?

Well, two of us are teachers, another one is working as doctor on Luxembourg University and one works also at school. And everybody has different passions going from sports to family to partying.


Future projects, there are something in work? Can we expect soon a successor to "Existence"?

We have played a lot during the last two years, so now we want to take some time off and concentrate on songwriting. It's difficult to write new songs when being on stage all the time. Now we can really take some time to work on our ideas. Some crops of songs are already finished. So watch out.


The interview ends here, I leave you the word for a last message, perhaps hoping to see you playing on our own stage.

I would like to thank you very much for your time and energy put into your project. I'd like to thank all your Italian viewers for their interest. Italy is one of the countries we haven't played at all. So that should be our next place to play. Maybe see you there.

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