lunedì 31 maggio 2010

AS WE DIE - The Right Of Choices

Informazioni
Gruppo: As We Die
Anno: 2010
Etichetta: SG Records
Autore: Advent

Tracklist
1. It's Time To Free Your Soul
2. My Fire Will Burn Again
3. Angel
4. My New Star
5. Nightmare
6. The End Is Coming

DURATA: 19:06

Tante piccole cose spuntano fuori ultimamente, il metalcore ha favorito la nascita di band tutte simili tra loro. La furia -core frequentemente sposa gli standard plasticosi imposti da case di registrazione economiche che permettono di lavorare con velocità ed una discreta resa. L'unica cosa che però è lecito pretendere da questo ammasso informe è di possedere almeno qualche monicker originale.
As We Die è un nome sempliciotto. Sembra una rielaborazione dell'"As I Lay Dying" inventato dai californiani, eppure come musica si discostano dal metal/hardcore.
Pare di ascoltare una equilibrata miscela dei Thousand Foot Krutch di "The Art Of Breaking" e degli August Burns Red. Melodici sì, con quella vena deathcore anonima che ricorda tantissime band come anche nessuna. I Begamaschi toppano nella fase intermedia delle canzoni all'interno della quale risultano dei piatti esecutori di solite strofe metal/deathcore, mentre i ritocchi clean o più elaborati arpeggi finali sono sentiti come sinceri e non come mere imitazioni. Ed è qui che dovrebbero insistere, abbattere le banalità iniziali di "Angel" per dedicarsi a ciò che viene molto meglio: il metalcore melodico, senza alcuna finta parte incazzosa, perchè con loro non rende la formula vocale "conati di vomito per sembrare cattivi".
Meglio provare le belle toccate alla Trust Company come nella fine di "My New Star", perchè cadere nell'ennesimo breakdown nell'estate 2010 è quantomai palloso.
Il platter risulta validamente articolato ma bisognoso di ritocchi anche profondi. La proposta melodica è la parte più interessante di tutto l'album, appare come un esordio suonato bene dove spiccano una buona voce con piacevoli intrecci strumentali.
L'ultima traccia, "The End Is coming", mostra un gruppo affiatato ma poco maturo, volenteroso e compatto, questo act potrebbe dare forma a qualcosa che per tutta la sua durata non sembri "né già visto, né già sentito".

Continua a leggere...

ANTROPOPHOBIA - Lucifer's Scream


Informazioni
Gruppo: Antropophobia
Anno: 2010
Etichetta: Autoprodotto
Autore: M1

Tracklist
1. Intro
2. Lucifer's Scream
3. Light Kills
4. Suicide Of Genius
5. Antropophobia (Thoughts Of An Angel)

DURATA: 25.49

Compito del recensore talvolta può essere quello di fare il talent scout, senza ovviamente la pretesa di lanciare i prossimi Metallica, bensì di dare spazio a realtà underground o neonate che meritano di mettersi in luce e che al momento sono ancora sprovviste di contratto. E' questo il caso degli Antropophobia, progetto russo del solo Dmitry.

"Lucifer's Scream" è la prima testimonianza di quanto fatto dal ragazzo, quattro brani più un'intro di un black metal a tinte vagamente doom e richiami depressive piuttosto intimo e struggente (scordatevi quindi gli eccessi fangosi di Nortt) in cui le tastiere giocano un ruolo fondamentale. La title-track è giocata su chitarre con effetto a zanzara che, insieme a screaming vocals discrete nel sottolineare i momenti più sofferenti, si contrappongono alle malinconiche keys, mentre l'andatura è cadenzata ma continuamente viva e pulsante. Nella seguente "Light Kills" le tastiere si fanno più fredde e fanno tornare alla mente il lavoro di ColdWorld nel gioiellino "Melancholie2", lo screaming invece, quasi filtrato, sembra provenire da una dimensione lontana e immateriale. Con "Suicide Of Genius" emerge poi tutta l'influenza dei Fear Of Eternity in questo progetto (il gruppo di Andrea Tilenni risulta fra i top amici di myspace: un caso?) senza però i limiti di staticità ritmica del progetto italico, le tastiere qui sono padrone e ossessive nel disegnare scenari di decadenza e disperazione senza via d'uscita. Giunge infine "Antropophobia (Thoughts Of An Angel)", il brano più tirato e incalzante di tutti in cui sono le chitarre a emergere e dove si palesano anche influenze di stampo dark / gothic.

Complessivamente "Lucifer's Scream" è un lavoro interessante, genuino e sincero, specie pensando che è l'opera di una singola mente perciò merita sicuramente una chance contrattuale.

Continua a leggere...

KLABAUTAMANN - Merkur


Informazioni
Gruppo: Klabautamann
Anno: 2009
Etichetta: Zeitgeister
Autore: Mourning

Tracklist
1. Unter Bäumen
2. When I Long For Life
3. Stygian
4. Herbsthauch
5. Morn Of Solace
6. Der Wald Ist Ein Meer
7. Merkur
8. Lurker In The Moonlight
9. Noatun

DURATA: 48:57

Il black metal è bello perché vario? Ascoltando i tedeschi Klabautamann probabilmente il pensiero potrebbe sobbalzarvi alla mente. La formazione teutonica, giunta al suo terzo lavoro "Merkur" a seguito del già promettente "Der Ort", aggiusta ancora il tiro fornendo una prestazione particolare, intrigante e alternativa ai classici cliché legati alla violenza sonora o al gelido tiro che la frotta di nuovi old schooler ci propina e non sempre con risultati incoraggianti all'acquisto.
Il platter appena uscito gode infatti di un impatto ancor più cerebrale e intenso rispetto al precedente, il duo è riuscito nel trovare le giuste combinazioni fra le parti più "cattive" e le atmosfere progressive che s'inanellano una dopo l'altra, aiutate dall'uso dell'acustica non ampio ma oculatamente dosato e da scelte in chiave di riffato particolarmente andanti.
Uno dei primi nomi come riferimento potrebbe essere quello degli Enslaved data la svolta intrapresa dalla band di Grutle Kjellson da "Below The Lights" fino ad arrivare all'ultima evoluzione "Vertebrae".
"Merkur" viene attraversato da una corrente seventies che lo rende retrò ma che allo stesso tempo punta con variazioni precise e peculiarità tendenti al jazzy, che evidenti si presentano in brani come "When I Long For Life", "Herbsthauch" e la titletrack, a un avanguardismo raffinato ma incisivo.
Lo stile vintage affiora prepotente in un altro episodio come "Stygian" dove una delle pause più soffici dedite ad arpeggi delicati fa capolino dopo averne superato seppur di poco la metà durata.
Due delle tracce citate in antecedenza sono quelle che hanno anche gli spunti più possenti e black nel senso stretto del termine, sia "When I Long For Life" che "Herbsthauch" vantano all'interno dei loro scheletri anche armi pungenti e spigolose.
La chiusura dell'album è affidata a "Noatun", il titolo deriva dalla mitologia norrena e identifica la dimora in riva al mare della divinità Njörðr. La canzone ci dona l'attimo più intimo e rilassante, una conclusione in cui l'animo acustico accompagnato dall'uso di mellotron, piano e flauto elimina la vivacità passata per consegnarci con le ultime note un pieno relax.
Non è sicuramente tutto rose e fiori "Merkur", ci sono una o due canzoni che tendono troppo a speculare nella ricerca del progressivo finendo per limitarsi come valore, qualche richiamo di stile opethiano che rimanda a dejà vù sì piacevoli ma che potevano essere bypassati come in "Der Wald Ist Ein Meer", nulla che incida comunque su un valore complessivo di un'opera ben più che discreta.
Se siete stanchi di ascoltare i milioni di cloni incazzati che girano nella scena e cercate una sorta di evasione pur rimanendo in territori legati al black, i Klabautamann e "Merkur" fanno decisamente per voi.
Chi ha orecchie per intendere, intenda!

Continua a leggere...

VOMITOUS DISCHARGE - Excavation Of Rarities

Informazioni
Gruppo: Vomitous Discharge
Anno: 2009
Etichetta: Vomit Bucket Production
Autore: Mourning

Tracklist:
1. Facing The Deadman
2. Genocide Of The Helicobacter Pylori
3. Released From The Psoriasis Vulgaris
4. Puking Out Demons With The Power Of Christ
5. Gutting the hellish Scum
6. Endlessly Growing Tumour In Satan’s Cadaver
7. Holocaustic Dismemberment Of Perversion
8. Rapist Gets What He Deserves
9. Severe Head Trauma Of Satan
10. Purulent And Worm-Infested Carnal Leftovers
11. Putrefaction Of Sinful Pleasures
12. Torturous Death Of Pornography
13. Horrendous Disfigurement Of Fornication Urges
14. Maggot’s Feast On Lusty Carcass
15. VomitGore ChristCore

DURATA: 24:32

Vomitous Discharge, solo project del giovane tedesco Gag (membro dei Pesticides e titolare della Vomit Bucket Productions) ha voglia di guardare indietro, ai passi fatti in antecedenza e pubblica nel 2009 una sorta di best of contenente: pezzi "rari" sparsi in split e compilation, il demo "Severed Head Trauma" del 2006 a cui è stata data nuovo vita e un'unica traccia inedita come apripista dal titolo "Facing The Deadman".
In soli ventiquattro minuti la velocità e la follia della personalità dedita al macabro del mastermind si pongono al servizio della musica producendo un continuo andirivieni di fasi che passano da sfuriate di matrice grind ad alternanze thrash e death condite dalla solita vena gore che brani dai titoli spensierati e dolci quanto badilate in faccia tipo "Endlessly Growing Tumour In Satan’s Cadaver", "Purulent And Worm-Infested Carnal Leftovers" o "VomitGore ChristCore" interpretano nella maniera più consona.
Il fare casalingo della produzione low-fi riporta alla mente le vecchie tape anni Ottanta, rozze e stridenti con quei fruscii che a molti (compreso il sottoscritto) sono tanto cari e dato che si parla di un puro "sfogo" ossessivamente violento non può che andar bene.
Per chi non conoscesse la band con "Excavation Of Rarities" avrebbe un quadro completo del percorso fatto, tanto da poter far propendere o meno nel continuare con altri ascolti.
Consiglio quindi agli amanti del grind in genere di dare in pasto alle proprie orecchie la breve ma sostanziosa portata a nome Vomitous Discharge.

Continua a leggere...

RUSTED DAWN


Informazioni
Autore: Mourning

Formazione
Jeremy - Voce, Chitarra
Justin - Chitarra
Chad - Basso
Tom - Batteria

Ciao ragazzi, benvenuti su Aristocrazia Webzine. Potremmo avere una breve presentazione della vostra band?

Il mio nome è Jeremy, siamo i Rusted Dawn, da Fredericton, New Brunswick, Canada, e suoniamo roba stra-veloce e potente.


Quest'anno avete rilasciato il vostro primo album: "The Black Tides Of War", come lo descriveste?

"The Black Tides Of War" è tanta velocità messa su un disco di plastica per tutti coloro che vogliono prestarne ascolto. Ne siamo abbastanza entusiasti, anche riguardo a come è stato accolto finora.


Qual'è l'esperienza musicale della band?

Io ho fatto un paio di anni di lezioni di chitarra, come Justin (chitarra solista). Abbiamo entrambi suonato in qualche band quand'eravamo più giovani, per divertimento. Tom invece, il nostro batterista, ha suonato con parecchie band qui di Fredericton. Chad suonava già la chitarra da sé e ha preso in mano il basso quando è entrato nella band.


Ho ascoltato parecchie volte il vostro cd e ho notato che le canzoni possiedono una carica detonante, specialmente quando sono di corta durata come "By The Hammer Of Thor" o "Stigmantis". Qual'è il vostro modo di operare quando scrivete una canzone?

Non abbiamo veramente un metodo per scrivere canzoni. Di solito tutto parte da me e Justin quando ci viene qualche riff, e iniziamo a giostrarci attorno. Poi lo portiamo agli altri ragazzi e andiamo avanti da lì.


Quanto sono importanti i testi e quali sono i temi trattati?

Per scrivere testi in genere penso a qualcosa che trovo frustrante e butto giù qualcosa. Di solito i testi vengono fuori in parti e pezzi.


Il movimento thrash sta vivendo una seconda era, qualche pensiero riguardo alla scena (Locale e Mondiale)?

Penso che molte band ora stiano sbucando fuori. Ci sono tanti bravi gruppi là fuori, ma come tutta la musica, è inondata anche di musica scadente.


Qual è il senso di suonare questo genere per voi?

Guarda, so che è noioso da dire ma non vado molto a generi quando si tratta di descrivere cosa suono. Suono quello che meglio mi sento di suonare, e di solito finisce con qualcosa di veloce e pesante.


Che cos'è l'underground ora?

L'underground per me descrive soltanto quelle band che semplicemente non sono riuscite a sfondare nel mainstream.


C'è qualcosa della scena attuale che non apprezzate?

Io penso che molta gente compra di tutto ormai senza pensare in maniera critica se è buona musica o no. Finché la si pensa così la musica rimarrà qualcosa di molto mediocre.


Che cos'ha più o meno il metal di oggi rispetto a quello degli anni '80 o '90?

La musica si sta muovendo. Non credo un'era sia meglio dell'altra, c'è buona musica in qualsiasi, basta cercare.


Che tipo di rapporto avete con i vostri supporters? Che cosa ne pensate delle comunità virtuali e social networks?

Stiamo con loro normalmente come faremmo con chiunque ad un concerto. Internet ha seriamente aiutato a spargere la voce per molte band.


Potreste dirci le più belle cose che vi sono successe quand'eravate sul palco? Vorreste ripetere qualche vostro show?

Solitamente i nostri concerti sono un gran caos per me, abbiamo serate positive e negative. A me piace prendere ogni serata così come va e dare il meglio di me stesso. I più bei concerti di questo tour sono stati sulla costa ovest del Canada, in posti come Vancouver.


Vi vedremo mai in Italia?

Haha, se qualcuno ci aiutasse a trovare un tour lì ci verremmo volentieri!


Grazie per il vostro tempo speso con noi, il vostro ultimo messaggio lo lasciamo a voi per i lettori.

Prendete una copia del nostro disco e ascoltatelo.

Continua a leggere...

SHEOL - Painting Black On The Sun

Informazioni
Gruppo: Sheol
Anno: 2007
Etichetta: Autoprodotto
Autore: Mourning

Tracklist:
1. Dreams Away Pt.1
2. Taste Of Death
3. Painting Black on the Sun
4. In Love With A Knife

DURATA: 17:51

La formazione laziale degli Sheol (è facile intuire da dove abbiano preso l'ispirazione per il monicker, Naglfar vi dice qualcosa?) ha finora prodotto solo un demo nel 2007, "Painting Black On The Sun", un primo lavoro non propriamente maturo ma che fa intravedere che di potenzialità ce ne sono e non poche.
E' un death aggressivo ma che fa della melodia una delle chiavi fondamentali del sound, le divagazioni infatti che rimandano alle lande svedesi sono costanti e ben orchestrate anche se ancora prive di una personlità che le renda pienamente efficaci e spesse.
I quasi diciotto minuti del demo si lasciano ascoltare più che piacevolmente, concentrati in tre dei quattro brani che formano la scaletta dato che "Dreams Away Pt.1" è una breve intro di appena una quarantina di secondi.
I pezzi più riusciti sono la titletrack e la conclusiva "In Love With A Knife", in tali episodi gli Sheol mettono in mostra una discreta preparazione tecnica, esaltando anche un aspetto emozionale quasi gotico nella seconda che ne avvalora la qualità.
C'è sicuramente da lavorare soprattutto per quanto riguarda la struttura delle linee vocali che devono spingere di più, osare in tal senso e la batteria, per quanto nel suo lavoro renda non troppo bene, cercando soluzioni meno standard convoglierebbe al meglio la spinta del riffing già più che discreto.
Infine più che degna la produzione che non crea ostacoli all'ascolto, anzi nel suo esser non perfetta ma pulita quanto basta permette una buona resa delle tracce.
Una buona demo "Painting Black On The Sun", una base da cui costruire il proprio sound guardando oltre. Attendendo nuove notizie dalla band vi consiglio di fare un salto sullo space e assaggiare la loro musica.

Continua a leggere...

THE FORESHADOWING


Informazioni
Autore: Mourning

Formazione
Marco Benevento - Voce
Alessandro Pace - Chitarra
Andrea Chiodetti - Chitarra
Francesco Sosto - Tastiera e Seconda Voce
Jonah Padella - Batteria

Aristocrazia Webzine ha il piacere di accogliere oggi i romani The Foreshadowing (nella figura del tastierista Francesco) forti della loro nuova uscita "Oionos". Salve ragazzi come va?

Un saluto a tutto lo staff di Aristocrazia Webzine. Tutto bene.


Iniziamo col presentare la band a chi non avesse ancora avuto il piacere di conoscervi?

Come abbiamo già avuto modo di precisare in tante altre interviste la storia dei The Foreshadowing nasce formalmente nel 2005 ma ha origine ancor prima, precisamente nel 1999 da un’idea del nostro chitarrista Alessandro Pace, il quale durante quegli anni conobbe me e Andrea Chiodetti. Con lui stringemmo un ottimo rapporto d’amicizia e oltre a questo intravide in noi alcune affinità musicali che lo indussero a progettare l’idea di una gothic doom band con sonorità vicine a My Dying Bride, Paradise Lost e Anathema. Il progetto non venne mai avviato in quegli anni data la mancanza di musicisti con il nostro stesso spirito d’iniziativa e soprattutto privi d’interesse verso quel genere, così decidemmo ognuno di noi di prendere la propria strada, a volte incrociandoci, fino a quando, verso la fine del 2005, Andrea registrò alcune demo del suo materiale che aveva intenzione di sfruttare allora per i The Foreshadowing e da lì si riaccese in noi quella voglia di riprovarci. Ben presto lasciammo i nostri progetti paralleli e nel contempo si unirono a noi il batterista Jonah Padella e il cantante Marco Benevento, per poi fondare ufficialmente la band. Il resto è storia che immagino conosciate già.


Vi avevamo lasciato con un "Days Of Nothing" che come debutto aveva davvero poco o nulla da farsi perdonare. Buona qualità, brani coinvolgenti, faceva ben sperare per il futuro. Com'è nato "Oionos"? Qual'è stata l'evoluzione/ricerca naturale svolta per arrivare a un risultato così soddisfacente e ricco?

"Oionos" è nato da una serie di idee che col tempo si sono evolute in maniera del tutto spontanea e naturale. Sicuramente è stato molto importante avere ben chiara un’idea ricorrente per tutto l’album così come era stato per "Days Of Nothing". La principale differenza comunque rispetto al nostro debut album è che "Oionos" è un lavoro più collettivo, visto che è nato tra home recordings e varie sessions in sala prove. "Days..." invece era un lavoro fatto tutto in casa, prima ancora che ingaggiassimo Jonah e Marco. Pertanto il fatto che abbiano contribuito più “teste” alla realizzazione di "Oionos" è stato il fattore principale della nostra svolta evolutiva.


Rispetto al suo predecessore a mio avviso ha una maggiore propensione a mantenere un valore costante nel tempo, la solidità dei pezzi e la malinconia espressa sono davvero superbe.

Ti ringrazio. La caratteristica di "Oionos" è il fatto che lo si apprezza a lungo andare, più volte lo ascolti, più sei in grado di coglierne le sfumature e di assorbirle. Era proprio questo il tipo di album che volevamo realizzare, e del resto noi stessi amiamo gli album complessi perché sanno scavare più a fondo nelle emozioni dell’ascoltatore.


Quali sono i vostri punti cardine come ascolti, il background generale dal quale volente o nolente siete influenzati?

Abbiamo spesso citato gli Swans e i Neurosis come principali ispiratori di questo ultimo album ma è opportuno ricordate i soliti nomi che hanno fatto grande il gothic doom metal: Paradise Lost, Katatonia, Candlemass. Personalmente amo citare anche personalità esterne al nostro genere come Philip Glass o Angelo Badalamenti, ma dato che la domanda è estesa a tutti i componenti sono sicuro che ci sarebbero altri nomi o gruppi da menzionare.


Il disco è omogeno ma questa sembra essere una carta vincente a suo favore, l'unica traccia che spezza i ritmi è "Chant Of Windows" e poi ci si ritrova dinanzi una cover di Sting, una riproposizione di "Russians" davvero molto bella. Com'è ricaduta la scelta proprio su questo brano?

Il nostro album è incentrato sull’idea dell’apocalisse che abbiamo scelto di simbolizzare con l’idea della bomba atomica e dell’esplosione nucleare, soprattutto in brani come "Hope", "She’s In The Water" e "Revelation 3.11". Qualcuno si ricorderà che "Russians" venne scritta da Sting durante il periodo della guerra fredda fra Usa e Urss e della minaccia di una guerra nucleare incombente durante quegli anni. Quindi la scelta di "Russians" è dovuta al fatto che le tematiche affrontate in "Oionos" coincidevano in maniera talmente evidente con quelle di "Russians" che era più che logico prenderla in considerazione come cover da inserire nell’album.


Il processo compositivo come si svolge? Chi si occupa della musica e chi dei testi?

Di solito ognuno di noi registra una demo fatta in casa di un’idea o di un riff e se ci piace lo sviluppiamo in sala prove o in casa. Per quanto riguarda i testi solitamente me ne occupo io anche se in quest’ultimo album Marco ha dato il suo contributo scrivendo il testo di "Lost Humanity" e di "Oionos", che invece abbiamo scritto insieme.


L'atmosfera che pervade "Oionos" ha quel gusto dolciastro di fine anni Ottanta, seppur la musica del primo periodo gotico fosse molto più legata al death, c'è un legame forte espresso nelle note e nella voce di Marco. Cosa ricordate di quel periodo e quali sono le maggiori differenze che notate fra il panorama musicale odierno e quello primorde?

Io direi che questo nostro album risente piuttosto dell’atmosfera di fine anni Novanta, perché quello è il periodo storico in cui affondiamo le nostre radici musicali. Per quanto riguarda il panorama musicale odierno, direi che la differenza principale sta nel fatto che oggi come oggi per un gruppo agli albori come il nostro è sempre più difficile emergere, le case discografiche e i promoters di concerti puntano più sulle reunion di gruppi storici che sono ormai la copia sbiadita di quello che erano un tempo, probabilmente perché è la soluzione di più facile guadagno. Il panorama musicale di allora era molto più fertile ed innovativo, probabilmente perché allora si vendevano più dischi e perciò i gruppi emergenti avevano la possibilità di crescere e di evolversi fino a diventare innovativi, almeno questo secondo il mio modesto parere.


Ha davvero senso usare ancora il termine gothic? Cos'è per voi? Vi pongo questo quesito perché molto di quello che gira ormai sotto questa etichetta è power con i chitarroni e una donna ben messa, senza che si possa capire che nesso abbiano con il genere in sé.

Per noi queste “etichette” possono significare tutto e nulla. Sono solo termini che vengono usati per identificare determinate caratteristiche di uno stile che può benissimo contaminarsi con altri ancora. A noi quello che più preme è di saper fare buona musica, poi come la si vuole denominare questo è un compito che spetta a voi giornalisti. Comunque se la cosa ti può rassicurare difficilmente introdurremo voci femminili nel nostro gruppo, è un qualcosa che troviamo troppo banale e trendy al giorno d’oggi e non si sposa per nulla con il nostro sound.


Siete passati dalla Candlelight alla Cyclone Empire, come siete approdati alla nuova label e come sta supportando la promozione del disco?

Siamo passati alla Cyclone Empire perché avevamo bisogno di un’etichetta che credesse e scommettesse su di noi, poiché non eravamo soddisfatti del nostro rapporto con la Candlelight. Fino ad ora siamo molto soddisfatti del lavoro che hanno fatto, direi che se "Oionos" ha finora riscosso dei feedback importanti nell’ambito della critica ciò è dovuto anche al loro ottimo lavoro di promozione.


Il Metal e l'Italia: esiste una scena o siamo ancora con i singoli che spiccano e il resto che lotta per emergere senza nessun aiuto? Clientelismo anche nel Metal?

A mio modo di vedere il clientelismo esiste nel Metal ma non solo a livello italiano, anche a livello europeo. Sarà anche vero che in Italia esiste la realtà che hai definito te perché è innegabile che sia così, ma ti posso dire che anche in altre realtà al di fuori del nostro paese c’è una sorta di “clientelismo” e lo abbiamo constatato durante questi nostri cinque anni d’esperienza, potrei farti degli esempi più efficaci, ma preferisco non andare oltre questo argomento perché non mi va di essere cattivo o velenoso, piuttosto mi piace sottolineare che tutto quello che abbiamo raggiunto finora è semplicemente frutto del nostro lavoro e sacrificio, senza aiutini o spintarelle, e posso dire con orgoglio e onestà che da questo punto di vista siamo un esempio da imitare.


Cosa manca davvero per far diventare la nostra nazione competitiva? (E' ormai circa un ventennio che ce lo domandiamo).

Manca la mentalità. È tutto qui. Il Metal è molto seguito qui in Italia, ma c’è sempre una certa tendenza all’esterofilia ed alla prevenzione verso i gruppi nostrani, e poi un po’ di coraggio in più da parte di media, clubs e magazine nel supportare le band emergenti che hanno davvero le carte in regola per diventare il futuro del metal italiano.


Ci sono band nostrane che avreste piacere di consigliare come ascolto?

Sì, tutte quelle band che hanno fatto parlare di una “scena romana” qui nella nostra città e che meritano un supporto ancor più incisivo.


Che responsi avete ottenuto oltre confine? Come è stato accolto "Oionos"?

Credo che in Germania siamo stati accolti molto bene, e questo per noi è stato un gran bel risultato, anche perché la Germania è un paese in cui c’è maggior attenzione e supporto per gruppi come noi. Devo dire che anche in Spagna, Francia e Olanda si è parlato molto bene di noi, ho notato che anche nei paesi scandinavi ci sono stati dei consensi positivi, anche se comunque rimane un pizzico di diffidenza verso di noi, d’altronde per questi paesi risulta ancora un po’ difficile immaginarsi una band italiana che faccia un genere così oscuro e oltranzista come il doom metal ed è ancora ancor più difficile convincerli che anche qua da noi può esserci una certa predisposizione verso questo genere.


Cosa si prospetta adesso? Progetti per il futuro? Tour?

Diciamo che in questo momento il nostro primo pensiero è di realizzare un tour per questo autunno per la promozione di "Oionos". Stiamo facendo il possibile per realizzare questa nostra volontà, purtroppo non dipende solo da noi, posso solo dirti che da parte nostra stiamo facendo il possibile, anche perché credo sia il modo migliore per far conoscere meglio la nostra musica a chi ancora non ha avuto modo di ascoltarci. In seguito penseremo alla realizzazione di un nuovo album ma la cosa è ancora abbastanza remota.


C'è un'esperienza on stage che vi ha colpito e che vorresti rifare assolutamente?

Come tutte le band amiano esibirci davanti a più gente possibile, e quest’emozione l’abbiamo vissuta in Olanda durante il Summer Darkness quando abbiamo fatto da supporto ai Lacuna Coil, e fortunatamente è un’esperienza che ripeteremo molto presto visto che ad agosto parteciperemo al Summer Breeze Open Air festival in Germania, dove troveremo ancor più gente di quanta ne abbiamo trovata in Olanda lo scorso anno.


Che rapporto avete con chi vi segue mediaticamente (socialnetwork) e personalmente presenziando ai vostri concerti?

Abbiamo un rapporto molto aperto con i nostri fans, parliamo e interagiamo con loro senza guardarli dall’alto in basso come se fossimo degli esseri trascendentali, ed è anche giusto che sia così, d’altronde bisogna avere un rispetto “sacro” per tutte le persone che apprezzano la nostra musica perché grazie al loro supporto abbiamo ancora la speranza di credere in quello per la quale stiamo lottando da anni.


Vivere di musica è cosa alquanto complicata, di Metal poi ancor di più. Cosa fanno i The Foreshadowing quando non suonano?

Purtroppo per vivere bisogna lavorare, e ognuno di noi ha una vita lavorativa parallela accanto a quella musicale. Dico purtroppo non perché siamo degli scansafatiche, ma semplicemente perché vorremmo occupare il 100% delle nostre risorse nella musica, ma questo non è possibile, almeno non adesso, non so per il futuro ma lo vedo molto difficile. Tuttavia non è detto che se un giorno dovessimo arrivare al grande successo potrebbe essere un bene per noi, spesso chi arriva allo status di band come Metallica o Iron Maiden rischia di perdere gli stimoli compositivi e di snaturare la propria arte, per cui se il prezzo da pagare è questo allora preferiamo restar così come stiamo, poveri ma puri di spirito.


Ringraziandovi per il tempo concessoci, a voi la parola per un saluto o un ultimo messaggio per i nostri lettori.

Recentemente il Metal ha perso uno dei suoi personaggi più rappresentativi e noi lo volevamo commemorare: Ronnie James Dio R.I.P.

Continua a leggere...

DEATH TOLL RISING - Defecation Suffocation


Informazioni
Gruppo: Death Toll Rising
Anno: 2010
Etichetta: Self-Released
Autore: Mourning

Tracklist
1.The Visceral Remains
2.Blood Stained Ceiling
3.Defecation Suffocation
4.The Bludgeoning
5.Babyslitter
6.Transcendence Ritual
7.Spontaneous Decapitation
8.The Empath
9.Demon Rot

DURATA: 43:19

I Death Toll Rising sono attivi da quasi una decade, dopo aver rilasciato un demo nel 2004 e un Ep nel 2008 finalmente vede luce l'album di debutto: "Defecation Suffocation".
Al contrario di quanto ci si possa aspettare non è il classico sound canadese marcio, veloce o ipertecnico e curato quello che ci troviamo di fronte, la band si pone come una via di mezzo che chiama in causa il melodico di At The Gates e Carcass del periodo "Heartwork" combinandolo con fraseggi che puntano sullo stile di Grave, Bloodbath e primi Aborted.
Il risultato è più che apprezzabile anche se non privo di limitazioni, partiamo dal fatto che dimostrano di puntare al sodo evitando giri di parole, riff non troppo complicati e spesso tendenti al thrash, fasi dilatate dove la tendenza di diluire la proposta per dargli profondità non sempre è indovinata fanno sì che la band si metta in ballo facendo vedere ciò che vale nel bene e nel male.
Se prendiamo in considerazione brani come l'opener "The Visceral Remains", la titletrack o "Babyslitter" sono alquanto piacevoli da ascoltare possedendo un piglio naturale niente male soprattutto l'ultima citata che per energia e smalto risulta essere la migliore del platter, le altre tre "Blood Stained Ceiling", "The Bludgeoning" e "Transcendence Ritual" invece zoppicano in quanto manca quella spinta che sorregga le non perfette compagne d'avventura ma che fa la differenza all'ascolto.
Il riffing in genere è orecchiabile, ha sicuramente bisogno di maturare e avere più variazioni, in troppi casi si ha quasi un deja vù automatico, non è detto che sia negativa per forza la cosa ma potrebbe anche causare una mancanza d'interesse sul lungo corso.
La formazione guadagna punti grazie alla prova vocale equilibrata fra scream tagliente e growl cavernicolare e alla prestazione del batterista che come motore fa la sua parte più che discretamente.
Da rivedere il basso invece che deve divenire più corposo e supportare il lavoro delle pelli, sembra quasi ci siano dei veri e propri buchi alle volte.
Le ultime tre tracce sono state inserite come bonus estratte dall'ep "Spontaneous Decapitation", il suono è più marcio e meno definito rispetto a quello incarnato dalle sei nuove, fra le due versioni questa più rozza sembra dare maggior compattezza alla efficace semplicità che hanno come marchio di fabbrica i Death Toll Rising, un modo per avere un termine di paragone fra passato e presente.
Nel complesso "Defecation Suffocation" è un album ancora nella media che vede al suo interno luci e ombre, c'è da lavorare, non resta quindi che rimboccarsi le maniche e la voglia a quanto pare non manca ai ragazzi.
Noi intanto ci godremo questo platter come un piacevole passatempo da una tantum e nulla più, augurando loro di fare il salto di qualità, attendiamo.

Continua a leggere...

ASTRUM - Apocalyptic Dawn

Informazioni
Gruppo: Astrum
Anno: 2009
Etichetta: Self - Released
Autore: Mourning

Tracklist
1. Incantate
2. Children Of The Apocalypse
3. Mighty Swords Of Thunder
4. Killigious
5. Reaper
6. Desecration
7. Empire
8. Slave To The Tyrant
9. The Mighty Astrum
10. The Price Of Silence (Discharge cover)

DURATA: 27:10

Suonare sporco, suonare grezzo, suonare genuino, sarà questo il monito che si saranno imposti gli statunitensi Astrum quando dopo svariati demo hanno deciso d'incidere nel 2009 il loro primo full lenght "Apocalyptic Dawn".
La musica è riconducibile ai Celtic Frost/Hellhammer, in tanti li scimmiottano, penso a gente come Apocalyptic Raids o Warhammer a esempio, beh gli Astrum non si avvicineranno alla band di Tom G.Warrior ma la passione che mettono nei brani e palpabile già dal primo ascolto.
Musica che è fortemente influenzata dalla corrente punk ottantiana quanto da quella core, notare infatti come la chiusura del platter sia affidata a una cover dei Discharge, "The Price Of Silence" non a caso ma se ciò non bastasse gli Astrum stessi citano gli act a cui devono ringraziamento inserendo oltre i citati i grandiosi Amebix.
Il songwriting è semplice, privo di fronzoli, le brevi incursioni di chitarra solista sono più che altro dei diversivi ben inseriti e la vocalità del cantante emula quella di Warrior non con gli stessi risultati, cosa dovuta più che altro ad alcune linee non proprio precise che creano sbavature evidenti in canzoni come "Slave To The Tyrant" e "Desecration".
Come per gli ultimi lavori di Fenriz e Nocturno Culto sono la carica adrenalinica e un'attitudine prettamente e realmente old style a destare l'attenzione su "Apocalyptic Dawn" che del canto suo ci mette un tre o quattro pezzi che valgono decisamente l'acquisto: da citare soprattutto "Killigious" e "Children Of The Apocalypse" alcoliche da morire.
La produzione è volutamente scarna, rozza, le chitarre sono robuste quanto basta, la batteria ha quel suono da sala prova fantastico con l'unica nota negativa riguardante il basso che purtroppo rimane alle volte sotto gli standard dell'udibile.
Il cd è in formato digipack e acquistabile direttamente tramite gli Astrum per un prezzo che oserei definire ridicolo dato che si parla di 8$ (6€) comprese le spese di spedizione.
Se il metal punkeggiante ottantiano vi piace, passate a dare un ascolto e compratelo!

Continua a leggere...

RAVENCLAW (SVK) - Welcome To The Ravenland


Informazioni
Gruppo: Ravenclaw
Anno: 2009
Etichetta: Autoprodotto
Autore: Mourning

Tracklist
1. Welcome
2. Light from You
3. Power slaves
4. Into The Night
5. Dragon's River
6. Patron Saint
7. Brother Sun
8. Eyes Of The Damned
9. Heaven Storm
10. Deja Vu
11. Don't Be My Enemy

DURATA: 43:50

Attivi sin dal 2003, gli slovacchi Ravenclaw hanno dovuto attendere sino al 2009 per dar vita al debut "Welcome To The Ravenland".
Privi ancora di label, come tanti autoprodottisi, non sono stati fermi e con le mani in mano, negli anni passati hanno infatti mantenuto vivo il rapporto on stage con chi li segue vincendo anche due contest musicali per band emergenti.
Sin dalla prima volta che ho inserito il disco nel lettore si nota come i ragazzi non siano degli sprovveduti, si presentano con un power metal melodico/sinfonico riconducibile a band quali i nostrani Landguard e Kaledon di più che discreta fattura.
La cosa che colpisce di primo impatto è la vocalità squillante e cristallina del cantante Matej che soprattutto nei pezzi più raffinati e allentati nei ritmi come "Dragon's River" e "Don't Be My Enemy" mostra il valore effettivo della sua voce, molto ben accompagnata peraltro dagli altri membri della band che si cimentano in cori a più voci senza esser eccessivamente presenzialisti.
Il songwriting della formazione è snello e accattivante, per quanto il deja vù inevitabile affiori la buona prova strumentale complessiva fa sì che brani come "Into The Night", la cui particolare fase di mezzo dal gusto Symphony X prima era rende una chicca, la naturalistica "Brother Sun" vivacemente briosa senza per questo ridursi a una simil tarantella come spesso accade o la serrata e concitata "Eyes Of The Damned" sappiano farsi apprezzare dagli amanti del genere.
I testi fantasy vivono delle cavalcate interpretative, del buon lavoro tastieristico teso ad adornare e rifinire le composizioni e di un reparto di spinta che si presenta dinamico e coinvolgente.
Un album "Welcome To The Ravenland" che non si vanterà come capolavoro né tanto meno come innovatore ma che più che onestamente svolge il proprio compito toccando più volte dei livelli qualitativi ben al di sopra della media.
Se amate quindi il power dai risvolti fantasy date una possibilità ai Ravenclaw, vi accompagneranno piacevolmente lungo la traversata della loro Ravenland.

Continua a leggere...

OMEGA CROM - Blood Steel & Fire


Informazioni
Gruppo: Omega Crom
Anno: 2009
Etichetta: Reversed Records
Autore: Mourning

Tracklist
1. Warpath
2. Battlefield
3. Calling Of The Dead
4. The Passing Of Azazel
5. The Prisoner (The Drawing)
6. Playing God
7. The Parliament Of Stone
8. F.F.O.H.T.L.
9. Metal Revolution

DURATA: 44:00

Band attiva sin dai primi anni post 2000 ma che vede dar luce all'album di debutto "Blood Steel & Fire" solo sulla lunga distanza.
E' infatti il 2009 l'anno in cui viene pubblicato, i canadesi Omega Crom (monicker che rimanda a Conan Il Barbaro) si cimentano con thrash influenzato power che per certi versi accomuna un'altra realtà odierna e moderna: i 3 Inches Of Blood.
Qui la spinta è meno epica e più incentrata su di un riffing di matrice ottantiana, trovando spesso buone risultanti anche in fase solistica dove sia il singer/chitarrista Johnny K, sia Wayne Holden, altra ascia della formazione, esprimono discreta tecnica e gusto.
Bypassando la breve intro "Warpath" intrisa di rumori battaglieri, è con episodi come la successiva "Battlefield", "The Passing Of Azazel" e "The Prisoner (The Drawning)" che la band regala i momenti migliori attingendo a piene mani dalle varie influenze di cui si fanno sani portatori.
Certo tutto rose e fiori non può essere, qualche passaggio a vuoto nella poco coesa "The Parliament Of Stone", dotata di una serie di riff-killer ma che hanno poco collante l'uno con l'altro, "Metal Revolution" estramente stirata, due o tre minuti in meno probabilmente l'avrebbero resa più efficace e qualche lieve difetto nella produzione che vede il basso poco attivo in alcuni brani sono tutti accorgimenti rimediabili in un futuro prossimo.
Un altro punto potrebbe riguardare la timbrica di Johnny, per quanto riguarda i range medio-altri se la cava davvero bene ma quando va in falsetto di primo acchitto potrebbe risultare non proprio semplice digerire il suo alzare di nota spropositato, cosa che una serie d'ascolti dovrebbe allegerire e assimilare o far pendere per il semplice: non mi piace.
Gli Omega Crom dimostrano delle potenzialità evidenti, se siete pronti a calcare il campo di battaglia insieme a loro inserite "Blood, Steel & Fire" e fate venir fuori il guerriero che in voi risiede.

Continua a leggere...

FOG OF WAR - Fog Of War


Informazioni
Gruppo: Fog Of War
Anno: 2009
Etichetta: Autoprodotto
Autore: Mourning

Tracklist
1. Fog Of War
2. Death Penalty
3. Enforcer
4. Kills On Contact
5. M.O.S.H.
6. Six-Packin' Heat
7. M.C.T.
8. Blood Of A Thousand Sons
9. Taking Over
10. D.O.A.

DURATA: 41:04

Che l'underground thrash sia in pieno fermento credo sia alquanto palese, vengono a galla tante di quelle realtà combattive e maggiormente motivate seppur munite di meno mezzi al cospetto di alcune sorrette più dalla label che dalla musica in sè.
E' per questo che spesso si viene coinvolti alla ricerca e all'ascolto, fra le tante mi è capitato di imbattermi anche nei Fog Of War.
La giovane band di stile Bay Area suona uno speed/thrash serrato, tagliente e volitivo che riporta alla mente i primi Flotsam & Jetsam per come le canzoni risultano coinvolgenti unite alla prestazione di un Mosh Braum, cantante che si diletta in passaggi dediti a un quasi falsetto che ok non sarà quello del caro A.K. dei bei tempi, ma a quanto ho letto in giro il ragazzo anche live punta i piedi facendosi sentire e ciò la dice lunga per quanto riguarda la personalità del personaggio in questione, certo è che quando c'è da spingere non si tira certo indietro.
Altra cosa importante sono gli assoli ficcanti sia quando si attestano su melodie anche facili, sia quando puntano sulla componente caciarona e aggressiva che mette in risalto la voglia di divertimento che tale musica può e sa regalare.
Il disco omonimo, unica opera sinora all'attivo, è un concentrato di puro e salutare scapocciamento, brani quali "Death Penalty", "Enforcer", "Kills On Contact" e lasciando scorrere la tracklist "Six-Packin'Heat", "Taking Over" e la conclusiva "D.O.A." (con annessa la funny ghost track) sono qualificabili come delirio da Bay Area.
Le influenze sono multiple e riconoscibilissime, pensate a tutto quello che amate del thrash, quello che vi porta ad alzare una birra come un'arma divina e fottervi il collo come se non ci fosse motivo per fermarsi, beh i Fog Of War fanno quest'effetto.
Il songwriting peccherà di qualche deja vù e a chi non succede? E' la carica che sanno imprimere ai pezzi la differenza, un lavoro di batteria che sa pestare e trovare in passaggi anche semplicissimi la cosa giusta da fare al momento giusto come a esempio il campanaccio in "Six-Packin'Heat (personalmente mi fa godere non poco), aggiungeteci un basso che si ritaglia spazi brevi in cui si prende licenza d'evidenza, spettacolari, come il suono dello stesso stavolta non penalizzato da una produzione che si è ricordata della sua presenza.
Tirando le somme, se il thrash v'infoga e farsi una serata alcolica a base di buona musica suppongo non dispiaccia a nessuno, i Fog Of War potrebbero essere una delle colonne sonore possibili, sicuramente fra le più adatte.

Continua a leggere...

FROM EXILE - Monolith


Informazioni
Gruppo: From Exile
Anno: 2009
Etichetta: Autoprodotto
Autore: Mourning

Tracklist
1. Arrival
2. Impure Visionary
3. Apparition
4. Exhumed
5. Veritas
6. The Unlearning Dissent
7. Monolith
8. In The Faded Silence

DURATA: 31:49

Strano come certe realtà di valore debbano continuare ad autofinanziarsi per dar vita ai loro lavori, ne ho incontrate un bel po' girando per la rete e l'ultima di queste (non per valore) è quella dei From Exile.
Il duo di chitarristi che da anima e forma alla creatura è composto da: Eric Guenther e Ben Wetzelberger.
"Monolith" è il loro secondo lavoro ufficiale, uscito nel 2009, vanta otto brani prog raffinati che alle volte si pongono su basi classicamente heavy, altre sulla scia post dei Mastodon, altre ancora invece ricordando, le movenze di alcune band del movimento melodico svedese.
La qualità del songwriting del duo è qualcosa di realmente stellare, è come se lo space rock degli Hawkwind venisse metallizato e velocizzato, le tastiere che filtrano nei vari brani espandono il suono mentre gli assoli che andrete incrociando uno dopo l'altro nel vostro percorso musicale godono di un gusto fine e mai puramente legato alla mera tecnica esaltante.
L'emozione regna sovrana riuscendo a più riprese a coinvolgere siano "Impure Visionary", "Exhumed" o la meravigliosa titletrack arricchita dal piano a tendervi la mano per introdurvi nel loro mondo ne verrete allietati, l'entrare e il viverlo sarà cosa alquanto semplice, l'uscirne difficile.
La passionalità e l'aura riflessiva serena che si respirano nelle note di "Monolith" sono talmente pregne di sensazioni positive da non volerle accantonare dopo un misero ascolto ma bensì viene spontaneo ripercorrere la strada appena lasciata dietro le spalle per riviverle.
La voce appare in poche e sparute situazioni, usata tutt' al più come orpello, viene relegata in secondo piano dando alla fase strumentale la padronanza assoluta del composto, l'unico neo sembra essere legato alla produzione del basso leggermente sottotono rispetto al resto della strumentazione.
Nessun caso di pacchiano tentativo di architettare iperscale o di masturbazioni multiple allo strumento forzate e prive di alcun nesso logico, la prova dei From Exile è una gradita quanto piacevole dimostrazione di come la tecnica messa al servizio dei brani li renda validi e carichi di personalità.
Gli amanti del progressivismo sonoro in genere diano una possibilità a questo piccolo gioiellino intitolato "Monolith".

Continua a leggere...

OSSIMORO - Deus


Informazioni
Gruppo: Ossimoro
Anno: 2010
Etichetta: Sg Records
Autore: Mourning

Tracklist
1.Intro
2.Deus Ex Machina
3.Splende Il Fuoco
4.Sierra
5.Assassino
6.Sotto Il Sole
7.Il Sole A Mezzanotte
8.Il Culto
9.Ceneri

DURATA: 41:52

La band romana degli Ossimoro, dopo il buon debutto del 2007 "Corvi Nel Cielo Spento", ritorna alla carica con un nuovo album intriso d'influenze hard rock/stoner e grunge dal titolo "Deus".
La formazione ricorda per certi versi due act fondamentali del movimento alternativo italiano ingiustamente poco calcolati dai grandi circuiti ma che nell'underground sono storia, parlo degli act milanesi Ritmo Tribale con il mitico Stefano "Edda Rampoldi" alla voce e i grandissimi Movida di quella "Il Cielo" diventata un inno vero e proprio del rock italico.
I ragazzi sono molto più stoner oriented soprattutto in brani come "Sierra" e "Ceneri" dove l'influenza del genere desertico/sabbathiano si fa prorompente, mostrano il lato più evocativo in "Splende Il Fuoco".
Con "Assassino" la parvenza di calma è solo apparente, il brano dopo pochi arpeggi si trasforma in una composizione monolitica dove forse solo i gorgheggi del cantante si potevano anche evitare, ci pensa quindi il buon solo in stile bluesy a ridare carica sul finire.
La scelta di eseguire le liriche in italiano è meritevole di rispetto, se poi vengono interpretate come nel caso di Francesco Fornara (che trascurando quel piccolo neo prima citato ha davvero poco di cui farsi rimproverare) si va sul sicuro.
Del resto la vena compositiva del chitarrista Federico Venditti per chi segue la scena è manna dal cielo, le lancette volente o nolente tornano indietro sul finire anni Ottanta/primi Novanta e la cosa non può che far piacere.
Lavoro solido quello fornito dal motore costituto da Fabrizio Ferrante alla batteria e Paolo Recchia al basso, alle volte troppo quadrati, forse avrebbero potuto anche osare di più evitando qualche fase di stasi che diminuisce l'intensità (seppur lieve) dei pezzi ma la qualità non manca di sicuro.
Un disco riservato agli appassionati (mi auguro in crescita) di quello che era ed è il movimento hardrock/stoner italico, se siete fra questi un ascolto a "Deus" non potete non darlo.

Continua a leggere...

REALMBUILDER - Summon The Stone Throwers


Informazioni
Gruppo: Realmbuilder
Anno: 2010
Etichetta: I Hate Records
Autore: Mourning

Tracklist
1. Bow Before The Oligarchy
2. Silver Ziggurat
3. Ninety-Nine Raids
4. Forgotten Minion
5. Summon The Stone Throwers
6. Colossal Glaciers
7. The Tarnished Crown

DURATA: 35:03

Ci sono realtà che possono essere rievocate solo attraverso delle scelte di suono ben definite, l'evocatività degli anni Settanta, la primordialità heavy della NWOBHM unite alla spinta epica forte dei primi eighties riuscivano infatti a infondere ai brani peculiarità quasi arcaiche riportando alla mente regni ormai oscurati dal tempo o fantastiche proiezioni di quella che è la fantasia mitologica senza ridurla a mero fumetto, cosa difficilmente riscontrabile ai giorni nostri se non in sparute formazioni.
I Realmbuilder, act di New York, hanno deciso d'intraprendere questa dura strada, il loro primo album "Summon The Stone Throwers", già pubblicato nel 2009 in versione vinile limitata a sole quattrocento copie, vede oggi la luce anche in formato cd con il supporto della I Hate Records.
Un album che già dalle sue prime note sa di vecchio, vino d'annata come d'annata sono le scelte stilistiche che a più riprese chiamano in causa Manilla Road, Cirith Ungol, la scuro andare di Witchfinder General e per rimanere in tempi maggiormente legati ai giorni nostri certi fraseggi potrebbero portare alla mente i nomi dei nostrani Doomsword e degli inglesi While Heaven Wept per la profondità sonora e lo spazio che la band riesce a riempiere con progressioni imponenti all'interno delle tracce quando occasionalmente si rallenta innalzando al massimo il fattore epicità.
Gli episodi contengono tutti delle peculiarità che li rendono intriganti e degni di più e più ascolti, a esempio "Silver Ziggurat" dall'incedere tetro, macabro, dove le corali trascinate e cupe a cura di J.H. Halberd sembrano inghiottire l'ascoltatore già di per sé incatenato dalla voce di un Czar protagonista più che mai grazie a un'interpretazione teatrale.
Il polifonico uso corale colora anche altri brani come l'opener "Bow Before The Oligarchy" e "Forgotten Minion", l'esplorazione dei territori heavy meno spinti e dediti a tempi calcanti ritmitche pesanti e pregne di metallo prima maniera trova la roccia più dura su cui fortificare i loro bastioni nella narrante "Summon The Stone Throwers", titletrack del lavoro mentre la conclusiva "The Tarnished Dawn" spicca per la fanfara di tromba e per la maestostità doomica che fa da cornice al pezzo toccando l'apice nel suo finire.
I Realmbuilder puntano sulla genuinità dell'album, se "Summon The Stone Throwers" fosse uscito nel periodo d'oro del filone magari lo si ricorderebbe come un disco di valore di quegl'anni, ha in sé le caratteristiche per appassionare e far felici gli ascoltatori del genere.
I tanti come me che per colpa propria o problemi di spazio non hanno un giradischi non possono che ringraziare le label del settore che ci fanno il regalo di portare certe chicche in cd, se siete quindi amanti del retrò sound non resta che farli vostri.

Continua a leggere...

A.O.D. - Gallery Of Pain


Informazioni
Gruppo: A.O.D.
Anno: 2010
Etichetta: Violent Journey Records
Autore: Mourning

Tracklist
1. Altars Of Destruction
2. Aggression
3. Children Of Misfortune
4. Guilty Or Not
5. Cross The Line (Of No Return)
6. Heroes Of The New World
7. Suicide... Are You Fucking Insane?
8. Gallery Of Pain
9. Day Of Judgement

DURATA: 30:46

Gli A.O.D. (Altars Of Destruction) sono un nome storico dell'undeground thrash finnico, la band, attiva nel periodo ottantiano al pari di realtà quali Stone o Ancient Rotten Graveyards, vede finalmente (a sedici anni di distanza dall'ultimo lavoro in studio, l'ep "Painful Awakening") dar vita alla prima creatura full dal titolo "Gallery Of Pain".
Vesa e la sua Violent Journey Records si son fatti carico d'essere i produttori di questo capitolo fondamentale per uno dei tanti act rimasti celati purtroppo per molto (forse troppo) tempo senza ricevere il giusto merito.
I brani contenuti nell'album vengono ripresi sia dai demo che dall'ep stesso con l'aggiunta di due episodi inediti, il materiale, comunque a molti sconosciuto, a prima botta non potrà che risultare un ascolto old dotato di contropalle.
Il sound è riconducibile per molti versi alla matrice Slayeriana così come la vocalità di Mika Luoma più volte tende a essere accostabile a quella di Araya.
In appena mezz'ora creano un massacro sonoro di tutto rispetto che vale gustare nella sua complessità anche se episodi come "Children Of Misfortune", "Cross The Line (Of No Return)", "Suicide...Are Fucking Insane?" e la titletrack "Gallery Of Pain" pestano dannatamente, offrendo spunti superiori alle altre che del resto mantengono alta la qualità di un album chiaramente dedito a uno scapocciamento forsennato grazie a scariche adrenaliniche possenti e ben assestate.
Fedeli alla vecchia guardia, gli A.O.D. se ne fottono se ormai ogni cliché sia stato o meno sdoganato suonando e interpretando il genere come vent'anni a questa parte avevano già dimostrato di saper fare, non posso assicurarvi o dire che la direzione sarebbe stata uguale se dal 1989 al 2007 non fossero andati in letargo, quello che so è che la formazione finlandese è tornata in gran forma regalandoci un platter di thrash metal grondante di passione e se non ci fosse chi, come la Violent Journey, si facesse carico di ripescare certe perle nazionali non se ne verrebbe mai a conoscenza purtroppo.
Amate l'incedere eighties dei lavori di Kerry King e soci? Se la risposta è sì allora "Gallery Of Pain" è un acquisto da fare senza pensarci troppo, se invece fosse no, uhm sicuri d'ascoltare thrash?

Continua a leggere...

GRAVDAL - Torturmantra


Informazioni
Gruppo: Gravdal
Anno: 2010
Etichetta: Unexploded Records
Autore: Mourning

Tracklist
1. Hyrdestund I Helvete
2. Slave
3. Eg E Ditt Helvete
4. Mishandlet
5. [Untitled]
6. Torturmantra
7. Pulsen Vakler
8. Klastrert På Ambolt
9. Slutt

DURATA: 41:51

La band di Bergen si fa viva a due anni di distanza dal debut "Sadist", non conosco quell'album quindi vivo con "Torturmantra" un primo approccio al loro sound.
Mi ritrovo nel lettore un album che suona un black metal mai veloce che punta soprattutto su mid-tempo e un lavoro raffinato di melodie, incastrando l'ascoltatore nel proprio mondo che per alcuni versi rimanda ai Gorgoroth di "Pentagram" e "Antichrist" , ai primi Taake di "Nattestid" e al gelido riffato di alcune sensazioni care agli Immortal.
E' un bel calderone quello che si pone all'orecchio, ci sono passaggi dediti al groove e che sfruttano tali scelte d'impatto come l'opener "Hyrdestund I Helvete", altri prettamente più classici come "Eg E Ditt Helvete" cui l'incedere cadenzato lento acuisce la profondità ma il pezzo che più si fa notare in un platter forse sin troppo omogeneo nel suo trascorrere è "Mishandlet".
Non è tanto la partecipazione vocale del prezzemolino Kvarforth (manca solo che uno se lo ritrovi a X-Factor) quanto l'impostazione del brano in sé, totalmente estranea al resto dell'album, che ne fa gioiellino ma anche punto di rottura.
Il pezzo sembra più indicato a vivere o essere assorbito come creatura naturale degli Shining o dei Den Saakaldte, la bellezza e importanza relativa nel disco sono da sottolineare in quanto si rivela poi essere la traccia regina di "Torturmantra" ma al tempo stesso vien da chiedere come mai ci sia voluto un guest e una diversificazione sonora talmente netta per raggiungere livelli ancora più alti?
Chiariamoci, i Gravdal forniscono una prova più che degna e canzoni come "Slave", "Slutt" o "Pulsen Vakler" si lasciano ascoltare più che piacevolmente, l'ultima inoltre da anche riprova di buoni spunti per quanto riguarda la tecnica in seno alla band ma l'amaro in bocca seppur come retrogusto rimane.
La formazione, di cui l'unico volto noto è Phobos (Aeternus, Galar), strumentalmente ha davvero poco da farsi rimproverare, così come la produzione affine al tipo di stile legato alla scena di "Bergen" fa il suo sporco ma onesto dovere.
I Gravdal, tirando le somme, non sono né innovatori, né tanto meno brillano per originalità, certo è che se amate il black metal norvegese e delle band che vengono da quella città in particolare troverete quantomeno più che gradevole "Torturmantra", a livello personale aggiungo che pian piano con l'aumentare degli ascolti il suo valore è andato crescendo assestandosi a più di un semplice passaggio a vuoto nello stereo.
Provare per credere, non c'è altra via.

Continua a leggere...

MANDRAKE (DEU) - Innocence Weakness


Informazioni
Gruppo: Mandrake
Anno: 2010
Etichetta: Greyfall
Autore: Mourning

Tracklist
1. Prelude
2. A Secret To Reveal
3. Save Us From Ourselves
4. A Serenade To The Sea
5. Among The Demons
6. Innocence
7. Autumn Infinity
8. Coma
9. Indignation
10. Existence
11. Silhouette
12. Weakness

DURATA: 50:12

La band tedesca Mandrake ha da poco pubblicato "Innocence Weakness" suo quinto disco, attiva ormai da oltre un decennio sul versante gothic female fronted, si è sempre distinta per una sobrietà che poco appartiene, ahimé, allo stile.
Se è vero che le formazioni più in voga del genere come gli Epica ci regalano quel power con i chitarroni passandolo per altro e puntano oltre alle qualità prettamente musicali soprattutto sull'avvenenza on stage delle proprie cantanti, i Mandrake si sono da sempre distinti per un approccio decisamente più soft.
I risultati sono stati altalenanti ma era sempre possibile trovare qualcosa di gradevole nelle loro release, è il caso anche di questo nuovo album.
Da notare intanto come non punti su tempi sparati, né su un cantato forzatamente acuto o lirico ma sia molto più casereccio e genuino, un approccio più dolce e con il ritorno del growl maschile, assente quasi del tutto nel precedente "Mary Celeste".
I toni rimangono per lo più scuri e approcciano il genere con una dose di melodia melanconica sì dolciastra alle volte, sì sdolcinata e fruibile ma priva di quell'happy stile che certi, ehm, loro colleghi degni di star su Mtv (e non è un complimento) hanno inserito pretestuosamente nel gothic.
L'atmosfera e l'intimità della loro proposta si realizzano al meglio nelle tracce strumentali "Prelude", "Innocence" e "Weakness" mentre l'alternarsi delle vocalità growl/clean e il riffing si inquadrano trovando soluzioni valide in brani come "Among The Demons", "Autumn Infinity" e "A Serenade To Sea", il titolo di quest'ultima non potrebbe esser più indovinato visto che si poggia lieve come una carezza.
C'è una sorta di omogeneità complessiva che non fa decollare del tutto la prova appiattendone il valore e portando quindi istintivamente a puntare solo su alcuni episodi, questo fa sì che "Innocence Weakness", seppur goda di una discreta prestazione sia dal punto di vista strumentale, sia da quello vocale, non vada oltre una sufficienza, relegandosi a disco consigliabile come ascolto solo agli appassionati del genere.
E' quindi a loro che mi rivolgo, se avete già avuto la possibilità d'incrociarli e vi son piaciuti non ne rimarrete delusi, in caso contrario vi troverete davanti a un platter con spunti piacevoli ma che non vi cambierà la vita.

Continua a leggere...

[THEDAISY]ANTHESIS - Surface And The Sky


Informazioni
Gruppo: [thedaisy]anthesis
Anno: 2010
Etichetta: Diminished Fifth Records
Autore: Mourning


Tracklist
1. Pretty And Pitied
2. M.M.B.M.M.B.
3. Nothing
4. In The Eyes Of The Prosecutor
5. Embracing The Subconscious
6. Provoking Your Indirection
7. Quietness To Pacify
8. Transparent (Part 3)
9. Why Do You Always Smile When My Heart Becomes An Urn?
10. The Profound
11. Here

DURATA: 46:35

Trio canadese quello dei The.Daisy.Anthesis alquanto particolare, il sound è di ultima generazione, legato a finalità che sfociano spesso nel mondo core, ma che al tempo stesso riescono a mantenere una vitalità brutale priva di quella standardizzazione di cui spesso è vittima chi si accinge a suonare con tale influenza.
La differenza vien fatta sicuramente da una ricerca che li spinge in territori dissonanti e jazzy che ne diversificano e alimentano la varietà senza intaccare lo strato di follia cattiva di cui si fanno portatori.
Pensate a formazioni conosciute quali The Red Chord e Despised Icon a cui viene data la vena di gente come gli Psyopus o i N.A.M.E., le due band in questione sono capaci di esplorare il mondo extra metal senza per questo interrompere il feeling con l'ascoltatore e allora sì che avrete la giusta chiave di lettura per godervi brani come "Pretty And Pitied", "M.M.B.M.M.B", "Nothing", "Embracing The Subconscious" o "Transparent 3", non tralasciando mazzate fangosamente cariche di groove/grindcore quali "In The Eyes Of The Prosecutor" e la conclusiva "Here".
La prova dei The.Daisy.Antithesis è più che convincente sia dal punto di vista prettamente strumentale, sia da quello vocale dove il cantato growl/core e grind/ scream s'incanala nella giusta direzione fornendo un'ulteriore energia caotica che impreziosisce il lavoro.
I ragazzi possiedono le basi per divenire un act importante della scena in cui si muovono, l'unico difetto, se tale lo si può definire, è una sorta di uniformità che nella parte finale del disco vien fuori dopo uno o due ascolti, punto da migliorare per il futuro ma che non lede la qualità dell'album.
Se siete fan delle formazioni citate inizialmente e vi piace questo tipo di brutalità non vi resta che approcciare la loro musica facendo girare nel vostro stereo "Surface In The Sky".

Continua a leggere...

NECROMID - The Sleep Of Reason


Informazioni
Gruppo: Necromid
Anno: 2009
Etichetta: Autoprodotto
Autore: Mourning

Tracklist
1. Great Death Show
2. Final Destination
3. Loneliness Gate
4. Love Is A Discharged Gun
5. Dead Man Walking
6. Violent Reaction
7. Remember The Day
8. The Sleep Of The Reason
9. Red Like Blood
10. Can’t Help Falling In Love (Elvis Presley Cover)

DURATA: 47:41

Il Metal-core è un genere chiuso a riccio su se stesso, all'interno del movimento ci si muove seguendo il filone groove addicted di richiamo Pantera/Machine Head et similia o prendendo spunto dallo swedish death melodico sdoganato da gente come In Flames e Soilwork, ciò ha dato vita a realtà come Killswitch Engage e Lamb Of God, forse fra le più importanti e conosciute di tale panorama modernistico.
I Necromid, formazione nostrana proveniente da Imperia, è alla seconda tipologia di sound che si rifanno in quanto a scelte sonore.
Arrivati al debut nel 2009 con "The Sleep Of Reason" dopo aver già pubblicato due demo, la band è matura e propone dieci tracce che ricalcano pienamente gli stilemi predettati ma che dopo un paio di pezzi cominciano ad appesantire l'andare del disco.
Sì perchè per quanto i pezzi siano ben composti l'omogeneità della proposta tende a stancare, le chitarre si rincorrono, si alternano, si lanciano ma la sequenzialità di tali soluzioni è talmente ripetuta che diviene uno standard davvero esplosivo a conti fatti nella sola opener "Great Death Show", miglior episodio del platter.
Un album che definirei basilare proprio per la mancanza di uno sviluppo che vada oltre una costruzione quadrata dei pezzi, alle volte sì arricchiti di qualche assolo ma che non si spostano mai da una struttura che li ancora, lasciando intravedere buone potenzialità ma nulla più.
A spezzare i ritmi, anche se in malo modo, ci pensa "Remember The Day", una ballad totalmente fuori dal contesto musicale sinora proposto, carina ma che in un platter già di per sé ricco di melodia inserirne ancora può portare al diabete, cosa che riesce a provocare gente come Trivium (non li si osi definir thrash per favore) o Bullet For My Valentine, realtà che accostare al metal in genere è pericoloso per la sanità mentale di un qualsiasi metallaro, open minded o meno.
In definitiva "The Sleep Of Reason" è un buon punto di partenza ma se si vuole emergere nel mare di proposte similari bisogna osare e forzare la mano soprattutto per quanto riguarda il lato compositivo, consiglio quindi l'ascolto esclusivamente agli appassionati del genere.

Continua a leggere...

BLACK RAINBOWS - Carmina Diabolo


Informazioni
Gruppo: Black Rainbows
Anno: 2010
Etichetta: Longfellow Deeds
Autore: Mourning

Tracklist
1. Himalaya
2. Babylon
3. Under The Sun
4. What's In Your Head
5. Bulls & Bones
6. Carmen Diabalo
7. In The City
8. Return To Volturn
9. The Witch
10. Space Kingdom

DURATA: 44:52

Abbiamo già incrociato i romani Black Rainbows, la loro intervista la troverete sul sito, è quindi un obbligo morale dedicare uno spazio anche al lavoro discografico da poco rilasciato.
A distanza di tre anni da quel bel debutto intitolato "Twilight In The Desert" si son ripresentati in versione decisamente più energica e birraiola con "Carmina Diabolo".
Immaginate d'esser nel deserto, stereo a palla, una birra ghiacciata e un paio d'amici con cui urlare a squarciagola senza che nessuno possa interrompere il vostro divertimento: che figata!
E' questa la sensazione che dopo più ascolti il disco mi ha trasmesso, legato al sound di Palm Desert, a gente come Kyuss e alla derivazione d'essi in chiave meno desertica, i Q.O.T.S.A., passando per le influenze settantiane di Led Zeppelin, Black Sabbath e i sempreverdi Hawkwind. Il platter è un terremoto che lascia come unica possibilità di scampo quella di viverlo godendoselo dal primo all'ultimo secondo, quindi niente skipping, solo play continuato.
Le canzoni sono una più bella dell'altra, trascinano ed esaltano già dall'opener "Himalaya", è chiaro che, chi avesse intenzione di tenere il muso, deve andare fuori dalle scatole quando entrano in gioco certi ritmi dediti allo sbattimento rock: "Babylon" e il suo campanaccio, la fresca e ultracatchy "Under The Sun" con quel ritornello da cantare a ripetizione fino a stordirsi e una "What's In Your Head" in cui la figura di Homme fa capolino pesantemente data l'evocatività che il brano sembra chiamare volutamente in causa.
Breve quanto intensa la scura e ritualistica "Carmen Diabalo", mentre tocca a "Space Kingdom" detenere la palma di brano portatore sano di psichedelia spaziale, la sua forma eterea e onirica conduce alla conclusione di "Carmina Diabolo" librandosi sulle ali delle note sorretti soltanto dal pensiero teso a viaggiare insieme a esse.
I Black Rainbows dimostrano una maturazione ormai pienamente raggiunta e una "nerd attitude" scanzonata e per "nerd attitude" intendo quella capacità di spassarsela componendo brani con le palle, dote riscontrabile solo in alcuni generi, provate a esempio ad ascoltare una "California Crossing" dei Fu Manchu e capirete cosa intendo dire.
Chi segue il movimento stoner e i suoi derivati non si lasci scappare l'uscita di questi ragazzi, c'è di che stare allegri e in Italia a quanto pare stiamo iniziando a divertirci sul serio.

Continua a leggere...

SKW - Numbers


Informazioni
Gruppo: Skw
Anno: 2009
Etichetta: AdverseRising / Risingworks Re
Autore: Mourning

Tracklist
1. 1Minute2Lie
2. Numbers
3. Cow(ard)
4. HATE3
5. 2muchwords
6. In Chains
7. Sleep
8. C.U.C.K.
9. Beyond My Creeps
10. Mylastear
11. Unknown
12. HATE3 (remix)

DURATA: 45:10

Non conoscevo gli SKW (acronimo di Skywalker) prima che mi capitasse fra le mani il loro "Numbers", eppure sembra che la band milanese abbia festeggiato vent'anni di carriera, il che denota uno scarso numero di pubblicazioni all'attivo (appena tre album) ma una costanza e voglia indomite.
Inserito il disco nel lettore quello che mi si è posto dinanzi è un crossover/nu-metal che prende dalla scena statunitense da nomi quali Disturbed, Soil, Mudvayne, Korn, Drowning Pool, Creed con le parti più nervose e concitate che in sparuti casi aumentano, puntando su una spinta decisamente groove.
Nulla che non sia già stato esplorato e proposto dalle realtà citate, l'alternanza fra passaggi incazzati, acustici, ritornelli catchy è sì conosciuta e str-abusata ma quantomeno la proposta è piacevole e molto lo si deve al lavoro chitarristico di Simone Anaclerio perfettamente calzante con lo stile.
Il suo riffing è ispirato più di quello di suoi colleghi ben più illustri che ultimamente zoppicano non poco, ci sono poi alcune tracce di valore come "Numbers", "In Chains" e la già citata "Beyond My Creeps" (che sembra uscita da "Issues") che tengono praticamente in piedi la release.
Discorso a parte merita la bella ballad "Sleep", malinconica, stilisticamente semplice, di facile ascolto e assimilazione, il classico pezzo che può fare da apripista per il circuito radiofonico a esempio.
L'artwork riprende lo stile fumettistico usato dai Korn del periodo di "Follow The Leader" come tipologia di immagine e contenuto.
Con "Numbers" quindi non farete nuovi incontri ma un revival di quello che già si conosce andando sul sicuro, percorrerete territori già battuti.
Consiglio quindi l'approccio a chi mastica già il genere, gli SKW fanno il loro mestiere con gusto e passione.

Continua a leggere...

VOID GENERATOR - Phantom Hell And Soar Angelic


Informazioni
Gruppo: Void Generator
Anno: 2010
Etichetta: Phonosphera Records
Autore: Mourning

Tracklist
1.Message From The Galactic Federation
2.The Morning
3.The Eternaut

DURATA: 1:10:14

L'Italia non è una patria del rock? Per la generazione Mtv, quelli che seguono le classifiche di vendita dettate, ehm, dal dubbio gusto e dai talent show direi proprio di no.
Basterebbe aprire un tantino gli occhi, guardarsi un po' intorno scavando neanche tanto nella cultura underground italica per rendersi conto che in questo momento siamo in uno stato di grazia di non poco conto.
La scena romana legata al filone stoner/doom e psichedelia in genere è forse quella più florida, abbiamo già ospitato i Black Rainbows e i Doomraiser nel nostro sito, ho adesso il piacere di parlare dei Void Generator.
La formazione capitolina rispetto ai loro concittadini citati ha una propensione a costruire dei veri e propri colossi a cui il termine staticità è impossibile da accostare.
Le influenze di Van Der Graaf Generator, Pink Floyd e Black Sabbath si fondono con la visione cosmica/space di gente come Hawkwind e Tangerine Dream rafforzata dalla istintività desertica che prende vita in forma Kyuss.
Le tre tracce che costituiscono la corporatura di "Phantom Hell And Soar Angelic" sono profondamente diverse, il filo conduttore che le lega sembra essere la passione viva, calda, quel modo in cui le note colorano il percorso che vanno ad assemblare. Per quanto come singole realtà brillino decisamente, una dietro l'altra risultano irresistibili proprio per l'altalena di umori e primordiali pensieri che riescono a instaurare e istigare all'ascoltatore.
Già dal suo istante iniziale con quel simpatico "Manna Va", "Message From Galactic Federation" si presenta animata e pulsante, il riffing è corposo anche quando si prende pause più riflessive o esplicitamente allungate per dare respiro alla battuta che ritornerà a essere irrequieta.
La voce di Gianmarco Iantaffi sembra essere impostata in modalità Homme, il modo d'approcciarsi al pezzo e di appoggiare la tonalità sul riff ricorda più volte il leader dei Q.O.T.S.A. senza però esserne un clone. A metà del pezzo la sua interpretazione vira estraendo dal cilindro un modo di porsi accentuatamente evocativo che non filtra le emozioni esplodendo a sguarciagola.
Diverso l'impatto con cui si presenta "The Morning", una sorta di risveglio mattutino colmo di psichedelia, meno terrena, la natura stoner viene praticamente azzerata a favore di un contatto spirituale.
La dimensione in cui le note del brano vengono a inanellarsi è intima e avvolgente, la stessa vocalità del cantante si adatta a una situazione che la vede non più robusta e pronta a lanciarsi a pieno petto, bensì tramutata in un soffuso e trascinato interpretare l'attimo che scorre.
E' soprattutto in questo episodio che il lavoro della bassista Sonia Caporossi vien fuori, con le sue linee demarca il territorio mantenendolo fertile in attesa che dopo un periodo di relax sonoro il pezzo riprenda pienamente vita.
"The Eternaut" mantiene atmosfere leggere, rarefatte, sino a quando il riff portante non esplode in tutta la sua carica portandomi alla mente una band rivelazione dell'anno passato, gli americani Black Pyramid.
Il platter viene arricchito dalla presenza dei synth sapientemente calibrati da Cristiano Lodi, danno spessore e valore allo spacey sound e ne amplificano il sentore trip che si fa strada dopo ogni minuto trascorso.
Arrivati alla fine della terza traccia scatta la sorpresa, vi è infatti una ghost-track priva di titolo della durata di ben ventiquattro minuti che continua a giocare ed esplorare lande devote alla psichedelia chiamando in causa la naturalezza istintiva floydiana che si risveglia dal torpore d'inizio composizione con un susseguirsi di assoli supportati da una base ondosa, che con piccoli e costanti movimenti come il mare increspato in crescita attende di sfogarsi sulle rocce.
Marco Cenci è un motore affidabile, dalle grandi prestazioni, il drumming in tutto l'album è di altissimo livello per intensità, dinamiche, impatto e costruzione, non si risparmia offrendo quel tocco in più che non guasta mai a dimostrazione della sicurezza che risiede nelle proprie capacità.
Ascoltare un disco come "Phantom Hell And Soar Angelic" mi accende la spia campanilistica che per fortuna quest'anno mi ha già fatto pensare una o due volte: Italia? Cazzo allora ci siamo anche noi!
Se amate la psichedelia e la buona musica in genere, non potete assolutamente farvelo scappare, è da acquisto immediato.
http://www.myspace.com/voidgenerator
http://www.myspace.com/phonosphera


Continua a leggere...
Aristocrazia Webzine © 2008. Design by :Yanku Templates Sponsored by: Tutorial87 Commentcute